Giù le mani dal timo!

  • Alessia De Chiara
  • Uniflash
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Sebbene spesso asportato durante alcune operazioni chirurgiche, il timo risulta importante anche per la salute degli adulti e andrebbe quindi preservato. È la conclusione di un gruppo del Massachusetts General Hospital, il cui studio mostra una maggiore mortalità per tutte le cause e un rischio raddoppiato di cancro tra le persone sottoposte a timectomia rispetto ai controlli. Inoltre, emerge un’associazione tra la timectomia e un aumento del rischio di malattie autoimmuni tra i pazienti senza infezioni, cancro o malattia autoimmune prima dell’operazione.

“Le conseguenze della rimozione del timo dovrebbero essere attentamente considerate quando si contempla la timectomia” ha affermato David T. Scadden, alla guida del team di ricerca.

 

Timo e salute

Mentre l’importanza del timo tra i bambini è ben nota, la sua rilevanza per la salute degli adulti è meno chiara, anche considerando il fatto che la ghiandola regredisce con l’età. “Precedenti studi hanno dimostrato che, sebbene il timo continui a produrre cellule T nell’età adulta, l’attività timica diminuisce gradualmente con il passare degli anni. Allora, quanto è importante il timo dell’adulto?” si chiede il New England Journal of Medicine.

Per rispondere a questa domanda i ricercatori hanno messo a confronto pazienti sottoposti a timectomia presso l’ospedale tra il 1993 e il 2020 e pazienti che avevano effettuato una chirurgia cardiotoracica senza rimozione del timo presso lo stesso centro tra il 2000 il 2020. In totale, sono stati inclusi 1.146 pazienti per gruppo, abbinati tra loro per età e genere. 

I pazienti sottoposti a timectomia avevano oltre il doppio di probabilità di morire rispetto ai controlli entro 5 anni dall’operazione (8,1% contro 2,8%; rischio relativo 2,9). L’effetto è risultato consistente anche dopo l’esclusione dalle analisi dei pazienti che prima dell’operazione riportavano miastenia gravis, timoma o con cancro, oppure infezione, cancro o malattia autoimmune considerati nel complesso.

Anche il rischio di cancro è risultato più alto tra le persone sottoposte a timectomia rispetto ai controlli (7,4% contro 3,7%; rischio relativo 2) e anche in questo caso i risultati restavano solidi dopo l’esclusione delle categorie di pazienti sopra menzionate.

Da notare come la timectomia sia associata a tumori più frequenti, vari e aggressivi, con una maggiore incidenza di recidiva e che hanno provocato un aumento della mortalità per cancro. Inoltre, nei pazienti sottoposti a tale procedura sono state osservate maggiori probabilità di morire per qualsiasi causa e più probabilità di morire di cancro anche rispetto alla popolazione generale degli Stati Uniti. 

Il rischio di malattia autoimmune post-operatoria, sebbene non differisse tra i gruppi, appariva maggiore tra i pazienti che avevano subito l’asportazione del timo quando dalle analisi sono stati esclusi quelli che presentavano prima dell’operazione infezione, cancro o malattia autoimmune (12,3% contro 7,9%; rischio relativo 1,5).

 

Un ruolo che si mantiene nel tempo

Gli autori sono andati a esaminare la produzione di cellule T in 22 persone a cui era stato asportato il timo e in 19 controlli. L’analisi ha rivelato che i primi presentavano, in un follow-up medio di circa 14 anni, una produzione minore di linfociti CD4+ e CD8+. Inoltre nei pazienti senza timo sono stati osservati livelli più elevati di citochine pro-infiammatorie, tra cui l’interleuchina-33, la linfopoietina timica stromale e l’interleuchina-23, associati a livello sperimentale a cancro e malattia autoimmune.

“Nell’insieme, questi risultati supportano un ruolo del timo che contribuisce alla produzione di nuove cellule T nell’età adulta e al mantenimento della salute umana adulta. L’interruzione dell’omeostasi causata dalla timectomia è sufficiente per influenzare negativamente gli esiti di salute, il che dimostra con forza che il timo dell’adulto rimane funzionalmente importante” scrivono i ricercatori sottolineando come, quando possibile, la preservazione del timo debba essere una priorità clinica.