SICP - Gestione della dispnea in cure palliative

  • Irene Salvetti
  • Attualità mediche
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Per dispnea si intende una esperienza soggettiva di sofferenza descritta come “respiro difficoltoso, travagliato, non confortevole” e “sgradevole consapevolezza del proprio respiro”. È una condizione che riduce significativamente la qualità di vita del paziente e la cui gravità non è sempre correlata all’entità della condizione patologica che ne è la causa. Dal momento che solitamente i  pazienti in terapia palliativa sono affetti da una malattia progressiva in stato avanzato che non risponde più ai trattamenti eziologici, per definire il miglior percorso diagnostico-terapeutico possibile sono fondamentali:

  • un'attenta valutazione del paziente (considerare l'andamento nelle ultime 4 settimane) nel rispetto dei suoi desideri e delle aspettative sue e dei suoi famigliari;
  • un'attenta valutazione della prognosi;
  • un'attenta valutazione del sintomo, sia attraverso la puntuale definizione della severità percepita della dispnea e degli altri sintomi correlati, sia vagliandone le cause (direttamente o indirettamente correlate alla patologia di base).

Il rispetto di ciò è garanzia di appropriatezza degli esami diagnostici da proporre al paziente, riservando procedure più complesse o invasive a chi gode di condizioni generali ancora discrete.

Riguardo al trattamento, la letteratura e le evidenze scientifiche suggeriscono di associare, ove possibile, la terapia causale alla terapia non farmacologica. Mentre la prima ha quale scopo la gestione delle cause di dispnea direttamente o indirettamente correlate alla patologia di base, la seconda impiega tecniche proprie dell’approccio cognitivo-comportamentale al fine di modificare la percezione del sintomo e offrire il massimo comfort al paziente. Prevede accorgimenti ambientali, semplici raccomandazioni e suggerimenti per gestire la quotidianità oltre a vere e proprie tecniche di rilassamento, di respirazione ritmica, di immaginazione guidata, di musicoterapia, di agopuntura/agopressione.

In associazione alle terapie causali, o successivamente alla perdita di efficacia delle stesse, è la morfina il farmaco di riferimento per il controllo della dispnea in pazienti in stato avanzato/terminale di malattia.

Se il paziente non ha ancora assunto oppioidi:

  • morfina solfato a pronto rilascio per os: 5-10 mg ogni 4 ore
  • morfina cloridrato sc/ev: 2.5 – 5 mg ogni 4 ore
  • dose rescue: 2.5 – 5 mg sc/ev

Se paziente già in terapia con morfina:

  • al bisogno, 1/6 della dose totale di morfina;
  • quindi aumentare del 25% la dose giornaliera.

Se paziente già in terapia con altri oppioidi:

  • convertire il dosaggio dell’oppioide in uso in dosaggio equivalente di morfina solfato orale e calcolare il 25% del dosaggio di morfina solfato ottenuto;
  • somministrare tale dosaggio nell’arco delle 24 ore in aggiunta all’oppioide in uso.

Frequentemente il sintomo dispnea si accompagna a stato basale d’ansia e/o agitazione. Nei pazienti in cui l’ansia e l’agitazione peggiorano la percezione del sintomo, è previsto l’impiego di farmaci adiuvanti a dosi fisse quali:

  • lorazepam 0.5-1 mg/6-8h per os;
  • delorazepam 1-2 mg/6-8h per os;

In caso di crisi dispnoiche associate ad alta componente d’ansia e agitazione può essere necessario un dosaggio iniziale di ansiolitici maggiore:

  • lorazepam 1 mg sublinguale, al bisogno ogni 4h;
  • midazolam 2.5 - 5 mg, al bisogno ogni 4h in alternativa al lorazepam se questo non fosse sufficiente;

Infine una considerazione merita l’ossigenoterapia: percepita come strumento in grado di offrire sollievo, sia dai pazienti sia dai parenti e dai caregivers, viene spesso proposta a pazienti con dispnea in un contesto di terminalità. Ebbene, numerose sono le evidenze della incapacità dell’ossigenoterapia standard di alleviare la dispnea. Pertanto se ne consiglia l’impiego solo se presente ipossia e solo se il paziente lo desidera.

Qualora i trattamenti messi in atto, seppur appropriati, non consentano il controllo dello stato di sofferenza derivante dalla dispnea, si dovrà agire in presenza di sintomo refrattario alle cure.

In questo caso è previsto l’impiego della sedazione palliativa profonda o sedazione palliativa profonda continua: si tratta del tipo di sedazione che viene applicato più frequentemente in cure palliative e prevede un progressivo incremento del livello di sedazione a causa dell’aumento della sofferenza per il peggioramento del sintomo refrattario. Alcuni autori usano a tal proposito il termine sedazione palliativa proporzionale proprio per sottolineare questo importante concetto di proporzionalità.