Gemelli primo nel Lazio e al Centro-Sud per trapianti di rene da vivente
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Roma, 14 apr. (Adnkronos Salute) - In Italia si eseguono circa 2 mila trapianti di rene ogni anno; di questi, poco più di 300 da donatore vivente. Una quota ancora marginale rispetto a quello che accade in Francia, in Spagna, nel Regno Unito. Padova e Bologna sono i primi centri in Italia; il Gemelli è il terzo in Italia e il primo del Lazio e del Centro-Sud. È quanto emerso durante un convegno sulla donazione di rene da vivente promosso dalla Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs, per la Giornata nazionale per la donazione di organi e tessuti che si celebra il 16 aprile.
Per l’occasione – si legge in una nota - dal 17 al 19 aprile, il Policlinico allestirà un punto informativo, in un’area all’ingresso principale. Il desk, aperto dalle 10.00 alle 16.00, è presidiato da coordinatrici trapianti, medici (chirurghi, nefrologi), psicologi, infermieri della dialisi e del reparto trapianti e pazienti trapiantati, che daranno informazioni su donazioni e trapianti. Sarà, inoltre, disponibile materiale cartaceo esplicativo e saranno proiettati video illustrativi sulla donazione. Infine, ci sarà la possibilità di esprimere il proprio parere in vita, il consenso alla donazione, che poi verrà registrato nel sistema informativo del Centro nazionale trapianti, in collaborazione con l’Associazione italiana per la donazione di organi tessuti e cellule (Aido). Obiettivo: fare chiarezza e sensibilizzazione su un argomento ancora avvolto da molti pregiudizi e paure mal riposte.
“Donare un organo è una procedura che si pratica da 70 anni – ricorda il professor Giuseppe Grandaliano, direttore dell’Unità operativa complessa di Nefrologia del Gemelli Irccs e ordinario di Nefrologia all’Università Cattolica, campus di Roma -. Il primo trapianto è stato effettuato con un rene da vivente nel 1954; negli anni ’60 sono arrivati i trapianti di cuore, polmone, fegato. Nel caso della donazione da cadavere, con un singolo atto di donazione, si restituisce la vita ad almeno 9 persone (reni, cuore, polmoni, pancreas, intestino, fegato e cornee). E non bisogna avere paura a donare perché l’Italia ha una delle legislazioni tra le più stringenti del mondo, sia per l’accertamento della morte nei donatori. Da questo punto di vista siamo i più garantiti del mondo. Eppure, le opposizioni alle donazioni da cadavere anche al Gemelli sono ancora il 30%, in linea con il dato nazionale; solo il 70% delle famiglie interpellate dona”.
Quella della donazione d’organo da vivente è una possibilità poco nota – prosegue la nota -. È possibile donare in vita un rene o una porzione di fegato e, dal 2012, è consentito in Italia anche il trapianto parziale tra persone viventi di polmone, pancreas e intestino. I trapianti da vivente di più lunga tradizione e le migliori possibilità di riuscita sono quelli di rene.
“Le tre domande che riceviamo sempre in ambulatorio dai potenziali donatori di rene – rivela il professor Jacopo Romagnoli, responsabile della Uos Trapianti di rene, Fondazione Policlinico Gemelli Irccs e docente di chirurgia generale, Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma - sono: quanto dolore avrò? quanto resterò ricoverato? finirò in dialisi? Il prelievo del rene avviene in laparoscopia, è mininvasivo e questo garantisce la pressoché assenza di dolore (o comunque ben controllato dai farmaci); il ricovero per il donatore non dura dunque più di 3-4 giorni. E di certo non c’è alcun pericolo di finire in dialisi, visto che la selezione dei donatori è molto severa: solo la metà dei ‘candidati donatori’ passa l’esame; gli altri vengono scartati. Chi supera questa selezione così ferrea è dunque un campione di salute; donare un rene, non pregiudicherà il suo stato di salute”.
“I donatori entrano inoltre in un programma di follow-up dedicato e sono seguitissimi nel tempo – assicura Grandaliano - Ci sono evidenze scientifiche molto solide che dimostrano come i rischi per un donatore siano bassissimi e che, a lungo termine, i donatori vivano in media più a lungo della popolazione generale. Abbiamo 320 pazienti in lista attiva per un trapianto di rene quest’anno; tutti sono stati informati anche sull’opzione della donazione da vivente (sono 50 le coppie donatore-ricevente in studio al momento)”. Il trapianto di rene da vivente “ha un importante vantaggio – sottolinea l’esperto - rispetto a quello da donatore deceduto: evita la dialisi al paziente, offrendogli un trapianto della migliore qualità, che garantisce i risultati migliori. Insomma, il trapianto di rene da donatore vivente prima della dialisi, dovrebbe diventare la regola”.
“Può donare chiunque, non solo i consanguinei all’interno di una famiglia – rimarca Romagnoli -. Abbiamo eseguito trapianti tra amici d’infanzia con un forte legame emotivo. E se la coppia aspirante donatore-ricevente non è compatibile, si può accedere al programma trapianti ‘cross over’, gestito dal Centro nazionale trapianti che prevede, uno scambio di donazione con un’altra coppia donatore-ricevente, con problema di compatibilità complementare”.
“Oggi la donazione di un rene per una persona sana – spiega Massimo Cardillo, direttore del Centro nazionale trapianti (Cnt) - è un’operazione sicura. I donatori faranno una vita normale, senza alcun tipo di limitazione. Quando il paziente con insufficienza renale irreversibile si presenta al Centro nefrologico deve essere informato di questa possibilità, valutando all’interno della famiglia se c’è la disponibilità di un donatore compatibile. Questo passaggio purtroppo non viene sempre fatto in Italia; ecco perché la donazione di rene da vivente stenta a decollare, con numeri stabili da 5-6 anni. Il Cnt ha promosso un piano di sviluppo del trapianto di rene da vivente che è diventato accordo di Conferenza Stato-Regioni nel 2018, ma che è ancora disatteso in molte Regioni perché spesso i Centri nefrologici non sono dotati di tutte le professionalità e competenze che servono per sviluppare questo programma”.
In Italia il fabbisogno di trapianto di rene “è molto elevato – ricorda Cardillo - abbiamo in lista per un trapianto di rene circa 6.000 pazienti e spesso il tempo d’attesa supera i tre anni. Il Gemelli nel trapianto di rene, sia da vivente che da donatore deceduto rappresenta un polo di eccellenza e sta curando molto questo programma, come dimostrano anche i numeri”. “La cultura della donazione in Italia è molto cresciuta negli ultimi anni – afferma il professor Luciano Potena, presidente della European Society for Organ Transplantation (Esot) - ma c’è ancora molto da lavorare. Come numerosità dei trapianti e delle donazioni siamo nella media europea, che va dai picchi di donazione della Spagna, Francia del nord Europa, a realtà molto più limitate. In Italia la sopravvivenza del trapianto e del trapiantato è tra le migliori d’Europa”.
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