Epilessia, una malattia della connettività cerebrale
- Elena Riboldi
- Uniflash
È noto che le lesioni cerebrali sono la prima causa di epilessia dell’adulto, però non tutte le persone con una lesione al cervello sviluppano questa malattia. I neurologi si sono sempre interrogati sul perché, senza trovare risposta. Né la genesi della lesione né la sua localizzazione si sono infatti dimostrate sufficienti a predire il rischio di epilessia.
Uno studio pubblicato sulla rivista JAMA Neurology potrebbe aiutare a rispondere all’annoso interrogativo: il fattore critico sarebbe infatti il coinvolgimento di uno specifico circuito cerebrale. Questa ricerca, a cui hanno contribuito scienziati di numerosi centri europei e americani, rappresenta un grosso passo avanti nella comprensione dell’epilettogenesi e apre la strada allo sviluppo di modelli prognostici accurati e di terapie capaci di contrastare l’insorgenza dell’epilessia.
Network cerebrali
La ricerca, coordinata dal Brigham and Women’s Hospital di Boston (USA), è partita dall’esame di 701 pazienti con lesioni cerebrali dovute a ictus, 76 dei quali avevano sviluppato epilessia. Usando tecniche per lo studio della connettività cerebrale messe a punto negli ultimi anni, i ricercatori hanno vagliato se la sede della lesione era collegata a qualche rete neurale. I risultati ottenuti sono stati poi confermati in pazienti con lesioni cerebrali di altra origine. In totale sono stati studiati 347 pazienti con epilessia e 1.126 senza.
Dalle analisi è emerso che le lesioni secondarie a ictus che causavano epilessia erano eterogenee e che nessuna sede era di per sé predittiva di epilessia. Usando un connettoma (una mappa delle connessioni neurali assemblata aggregando le scansioni di numerosi soggetti) i ricercatori hanno accertato che quando la sede dell’ictus era connessa con i gangli basali (substantia nigra, globus pallidus internus, cervelletto) il rischio di epilessia aumentava in modo significativo. Ciò era vero sia nei pazienti con lesioni dovute a ictus, che nei pazienti le cui lesioni erano state provocate da ematomi, traumi, tumori e tuberi. A dimostrazione della rilevanza di questo circuito, i ricercatori hanno osservato che la stimolazione cerebrale profonda in corrispondenza di siti a esso funzionalmente connessi avevano maggiori probabilità di ridurre la frequenza delle convulsioni in pazienti con epilessia resistente ai farmaci.
Un circuito inibitorio
“Una caratteristica rilevante del lavoro di Schaper e colleghi è la robustezza dei risultati in numerose eziologie e analisi secondarie – commenta in un editoriale Marian Galovic, neurologo del Clinical Neuroscience Center, University Hospital di Zurigo (Svizzera) – In altre parole, la loro scoperta implica che la connettività di diversi tipi di lesione associati all’epilessia “mappa” a una rete cerebrale comune. Ciò è notevole considerata l’eterogeneità delle eziologie e delle localizzazioni che sottostanno all’epilessia lesionale. Un circuito cerebrale simile potrebbe essere solo uno di molti meccanismi che contribuiscono all’epilessia strutturale. Tuttavia, poiché sembra essere condiviso da varie eziologie, questo circuito potrebbe rappresentare il minimo comun denominatore delle alterazioni della connettività nell’epilessia strutturale”.
“La spiegazione più stimolante dei risultati di Schaper e colleghi è che i gangli basali e il cervelletto costituiscono nodi critici in una rete cerebrale diffusa coinvolta nell’inibizione dell’epilessia – afferma Galovic, sottolineando come l’importanza di gangli basali e cervelletto nell’epilettogenesi possa risultare controintuitiva poiché le lesioni che interessano queste sedi raramente sono causa di epilessia – L’interruzione di questa rete può essere causata da una serie di lesioni con sedi diverse e andare a influenzare la capacità del cervello di sopprimere le convulsioni e a contribuire allo sviluppo dell’epilessia”.
L’esistenza di un circuito inibitorio alla base dell’epilessia lesionale andrà confermata da altri dati sperimentali, ma potrebbe rappresentare un importante target terapeutico. Andando ad agire su questo circuito, per esempio usando tecniche come la stimolazione cerebrale profonda, si potrebbero infatti limitare le convulsioni e forse, magari intervenendo immediatamente dopo l’insulto, impedire l’insorgenza dell’epilessia.
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