Disturbi alimentari e autolesionismo in aumento tra le adolescenti
- Elena Riboldi
- Uniflash
Uno studio di popolazione mostra che nel Regno Unito nei primi due anni dall’inizio della pandemia di Covid-19 l’incidenza dei disturbi alimentari e dei comportamenti autolesionistici è aumentata del 40% tra le adolescenti. Secondo i dati analizzati, nello stesso periodo l’incidenza di queste psicopatologie è invece rimasta invariata o addirittura diminuita tra i ragazzi.
Gli autori dello studio esortano a cogliere sul nascere i segni di disagio per potere intervenire tempestivamente e prevenire il peggioramento della salute mentale nella popolazione più giovane, invitando i medici di base ad assumere un ruolo primario in questo delicato compito.
Numeri allarmanti
“L’inizio della pandemia ha visto un rapido aumento dei report che testimoniano un deterioramento della salute mentale tra gli adolescenti e i giovani – riferiscono gli autori dello studio, pubblicato sulla rivista Lancet Children & Adolescents Health – Tali studi hanno registrato un aumento nelle ospedalizzazioni e negli accessi al pronto soccorso per atti di autolesionismo e sintomi legati ai disturbi dell’alimentazione, in particolare tra le teenager”. Per avere un quadro più preciso della situazione, i ricercatori dell’Università di Manchester hanno esaminato le cartelle elettroniche di oltre 9 milioni di pazienti di età compresa tra 10 e 24 anni ricorsi alle cure primarie nel periodo 2010-2022 (fonte dei dati: UK Clinical Practice Research Datalink).
Dall’analisi è emerso che a partire da luglio 2020 l’incidenza dei disturbi alimentari tra le ragazze era considerevolmente più alta di quanto atteso in base alle traiettorie. Più precisamente era aumentata del 42,4% (95%CI 25,7-61,3) tra le ragazzine di 13-16 anni e del 32% (13,3-53,8) tra le ragazze di 17-19 anni. La differenza tra incidenza osservata e attesa era minima nelle altre fasce d’età. Con la pandemia, tra le ragazzine di 13-16 anni era aumentata anche l’incidenza dei comportamenti autolesionistici (+38,4% [IC95% 20,7-58,5]). Per contro, tra i ragazzi di ogni età l’incidenza di questi disturbi era più bassa o simile a quella attesa.
Benestanti ma vulnerabili
Quando gli autori dello studio sono andati a stratificare i pazienti in base al contesto in cui vivevano hanno osservato che l’aumento nell’incidenza delle psicopatologie era largamente attribuibile agli aumenti registrati nelle zone più agiate del Paese.
“Nei 10 anni che precedono la pandemia di Covid-19 l’incidenza dei disturbi alimentari tra le pazienti di sesso femminile è stata consistentemente più alta nelle aree meno svantaggiate che in quelle più svantaggiate e questa differenza è aumentata con l’inizio della pandemia – riferiscono – Viceversa l’incidenza dell’autolesionismo era generalmente più alta tra le ragazze che vivevano nelle aree più svantaggiate rispetto a quelle che vivevano nelle aree meno svantaggiate e questa differenza si è andata riducendo dall’inizio della pandemia”.
Le possibili cause
“La causa di questo peggioramento della salute mentale non è chiaro, ma l’interruzione della didattica e delle routine giornaliere, l’isolamento sociale, lo stress famigliare e le preoccupazioni per l’infezione da SARS-CoV-2 nei mesi iniziali della pandemia sono tutti fattori che possono avere avuto un effetto negativo sulla salute mentale dei giovani” commentano gli autori dello studio. Anche con il ritorno alla vita normale persistono le conseguenze di questa crisi planetaria, come eventuali difficoltà economiche e un inasprimento delle divisioni sociali.
Un altro fattore che potrebbe avere avuto un peso non indifferente è l’uso dei social media, aumentato con la pandemia, uso che è stato associato a rischi elevati di insoddisfazione per il proprio corpo, bassa autostima, disturbi dell’alimentazione e distress psicologico, in particolare tra le ragazze adolescenti.
Non si può escludere però che l’aumentata incidenza dipenda almeno in parte da una maggiore consapevolezza del problema da parte dei genitori con conseguente ricerca di aiuto e formulazione di una diagnosi. Ciò potrebbe spiegare anche la maggiore entità del problema nelle fasce agiate, che hanno un accesso privilegiato ai servizi sanitari.
Gli autori della ricerca non cercano di spiegare il diverso andamento di incidenza nei maschi, ma si limitano a ricordare che queste psicopatologie sono meno frequenti nel sesso maschile. I ragazzi potrebbero essere meno predisposti a cercare aiuto per questi problemi e potrebbero manifestare il loro disagio con altri disturbi.
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