Dalla pre-fragilità alla fragilità, il ruolo dell’iperglicemia

  • Elena Riboldi
  • Uniflash
L'accesso ai contenuti di questo sito è riservato agli operatori del settore sanitario italiano L'accesso ai contenuti di questo sito è riservato agli operatori del settore sanitario italiano

Il progressivo invecchiamento della popolazione fa sì che il numero dei soggetti fragili sia sempre più elevato, una realtà che crea sfide significative per la società e per la sanità. Prevenire, o perlomeno ritardare, il passaggio dalla pre-fragilità, condizione cui la persona è ancora sostanzialmente sana, alla fragilità, uno stato che sfocia spesso nella disabilità, riveste perciò un’importanza cruciale. In una lettera allo European Journal of Internal Medicine un gruppo di ricercatori dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” e dell’Università di Napoli “Federico II” sottolinea quanto siano importanti a questo scopo il monitoraggio e il controllo della glicemia.

Nella loro lettera i ricercatori presentano i risultati dello studio Monteforte, disegnato specificatamente per valutare l’impatto dell’iperglicemia nella transizione da pre-fragilità a fragilità. Lo studio ha reclutato 231 anziani (età > 65 anni) pre-fragili assistiti dalla ASL di Avellino tra marzo e dicembre 2021. I criteri di inclusione comprendevano una diagnosi di ipertensione primaria e un punteggio nel test MoCA (Montreal Cognitive Assessment) inferiore a 26 (il range di punteggio per questo strumento per la valutazione del deterioramento cognitivo lieve va da 0 a 30, un valore superiore a 26 è considerato normale). La valutazione dello stato di pre-fragilità/fragilità è stata fatta usando i criteri di Fried; rientra nella definizione di pre-fragile un soggetto che presenta uno o due dei seguenti criteri: perdita di peso, affaticamento, debolezza muscolare, ridotta attività fisica, riduzione della velocità del cammino.

Gli autori dello studio hanno diviso i partecipanti allo studio in normoglicemici e iperglicemici in base al valore di glicemia alla baseline. A parte i livelli di glucosio i due gruppi non presentavano differenze significative. A distanza di 6 mesi la percentuale di pazienti iperglicemici che ha sviluppato fragilità era significativamente più alta di quella dei pazienti normoglicemici (40,2% contro 12,1%; P<0,001). Questo riscontro è stato confermato dall’analisi di regressione multivariata in cui la fragilità al follow-up rappresentava la variabile dipendente.

“I nostri dati indicano l’importanza dell’iperglicemia nella comparsa della fragilità e suggeriscono che il controllo glicemico resti un obiettivo fondamentale negli anziani pre-fragili ipertesi con o senza diabete – commentano gli autori che, dopo aver raccomandato un’attenta valutazione clinica e una buona valutazione geriatrica dell’anziano pre-fragile, suggeriscono uno dei meccanismi potenzialmente coinvolti nella transizione. Una delle caratteristiche comuni di ipertensione e iperglicemia è la disfunzione endoteliale, nota per aumentare il rischio di stress ossidativo, infiammazione e aterosclerosi. In questo scenario la transizione da pre-fragilità a fragilità innescata dall’iperglicemia negli anziani ipertesi potrebbe dipendere da un’aumentata disfunzione endoteliale”.