COVID-19 – Sotrovimab e molnupiravir, dati di efficacia “real world”
- Elena Riboldi
- Notizie dalla letteratura
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- Al di fuori del setting sperimentale, i pazienti con Covid-19 a rischio di quadro severo trattati con sotrovimab hanno un rischio più basso di ospedalizzazione e morte rispetto a quelli trattati con molnupiravir.
- Questa conclusione è applicabile sia ai pazienti non vaccinati, inclusi negli studi di fase 3, sia ai pazienti vaccinati nel momento in cui le varianti prevalenti sono omicron BA.1 e BA.2.
I risultati di uno studio inglese basato su dati “real world” supportano le linee guida del National Health Service (NHS) che prioritizzano l’uso dell’anticorpo monoclonale sotrovimab rispetto a quello dell’antivirale molnupiravir per prevenire ricovero e decesso in seguito a infezione da SARS-CoV-2. Il principale pregio di questo confronto tra farmaci nella pratica di routine è che la coorte studiata include sia pazienti non vaccinati che pazienti vaccinati, mentre gli studi clinici disponibili avevano valutato l’efficacia dei trattamenti nella sola popolazione non vaccinata. Il limite obbligato è che i dati si riferiscono al passato, a una situazione in cui le varianti prevalenti erano omicron BA.1 e BA.2, situazione già superata.
I ricercatori della London School of Hygiene and Tropical Medicine di Londra e dell’Università di Oxford hanno utilizzato OpenSAFELY, una piattaforma per l’analisi dei dossier sanitari elettronici creata con l’approvazione del sistema sanitario inglese. Grazie a questa piattaforma è possibile analizzare, senza scaricare i dati del paziente e quindi minimizzando il rischio di identificazione, le informazioni relative all’assistenza primaria e ospedaliera prestata a poco meno della metà della popolazione inglese adulta. L’analisi ha incluso i pazienti con Covid-19 ad alto rischio trattati con sotrovimab (3.331) o molnupiravir (2.689) fuori dall’ospedale tra dicembre 2021 e febbraio 2022.
Gli autori dello studio, pubblicato sul British Journal of Medicine, non hanno riscontrato differenze sostanziali nelle caratteristiche dei pazienti alla baseline. L’88% dei pazienti avevano ricevuto tre o più dosi di vaccino anti-Covid-19. Entro 28 giorni dall’inizio del trattamento sono stati ammessi in ospedale o sono morti a causa dell’infezione da SARS-CoV-2 32 pazienti trattati con sotrovimab e 55 pazienti trattati con molnupiravir. Tenendo conto di una serie di variabili tra cui lo status vaccinale, le comorbilità e le informazioni demografiche, il rischio di esito grave era ridotto del 46% nei pazienti trattati con l’anticorpo monoclonale rispetto ai pazienti trattati con l’antivirale (HR 0,54 [95%CI 0,33-0,88]; P=0,01). Risultati simili sono stati ottenuti in un’analisi esplorativa riferita al periodo febbraio-marzo 2022 in cui in Inghilterra circolava prevalentemente la variante omicron BA.2
“Il rischio inferiore di esiti severi conseguente all’attuale prevalenza delle varianti omicron e all’elevata percentuale di vaccinazione o infezione pregressa, o a entrambe, potrebbero attenuare la riduzione assoluta del rischio operata da questi trattamenti – puntualizzano gli autori dello studio, che però aggiungono – Questa situazione potrebbe cambiare con varianti future così come potrebbe cambiare l’efficacia degli anticorpi monoclonali neutralizzanti e degli agenti antivirali”. Occorrerà quindi stare al passo con l’evoluzione della situazione e progettare anche studi di costo-efficacia, in particolare per gli anticorpi monoclonali che hanno costi di acquisto e somministrazione più alti.
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