COVID-19 – La salute mentale a dura prova?

  • Alessia De Chiara
  • Uniflash
L'accesso ai contenuti di questo sito è riservato agli operatori del settore sanitario italiano L'accesso ai contenuti di questo sito è riservato agli operatori del settore sanitario italiano

Come ha influito la pandemia da COVID-19 sulla salute mentale? Una domanda a cui molti studi cercano di trovare risposta. Su Lancet Psychiatry, un gruppo di ricerca vuole dare una panoramica completa in Europa nei primi 2 anni di pandemia. I risultati ottenuti dalla revisione sistematica mettono in risalto alcune contraddizioni e non sembrano di facile interpretazione. 

Sono stati analizzati 177 studi condotti in 20 Paesi europei ad alto reddito che hanno messo a confronto il periodo precedente l’arrivo del COVID-19 e quello durante per quanto riguarda prevalenza o incidenza di problemi di salute mentale, gravità dei sintomi in persone con patologie psichiatriche pre-esistenti o utilizzo dei servizi di salute mentale.

 

Cosa sappiamo

È emerso che la prevalenza di alcuni problemi quali depressione, disturbo dell’ansia generalizzata e problemi non specifici è aumentata durante l’inizio della pandemia nella popolazione generale. “Questa osservazione potrebbe essere interpretata come una risposta acuta a un evento globale che ha causato disagi diffusi, paura, difficoltà finanziarie e dolore – scrivono i ricercatori—. Le restrizioni e i lockdown governativi sono stati più severi all’inizio della pandemia. I lockdown potrebbero aver aumentato i fattori di rischio noti per la malattia mentale, come la disoccupazione e l’isolamento sociale, interrompendo l’accesso al supporto professionale e sociale faccia a faccia”. Tali aumenti di prevalenza si sono rivelati moderati in molti casi e sono rallentati nel corso del tempo (verso la fine del 2020). 

D’altro canto, gli studi basati sulle cartelle cliniche mostrano una minore incidenza di diagnosi di problemi di salute mentale dopo l’inizio della pandemia rispetto al periodo precedente, incidenza che si è ridotta ancor di più durante il 2020. L’utilizzo dei servizi di salute mentale, invece, è diminuito inizialmente per poi aumentare, sebbene rimanendo al di sotto dei livelli pre-pandemici, a eccezione dei servizi di emergenza pediatrici e di comunità per gli adulti che sono arrivati a livelli superiori. “Date le scarse ricerche effettuate oltre il 2020, non è chiaro se queste tendenze siano continuate e dovrebbero essere interpretate con cautela visti gli aumenti a lungo termine della domanda di servizi mentali già osservati prima della pandemia” sottolineano gli autori. 

 

Le persone fragili

Per quanto riguarda le persone con condizioni mentali pre-esistenti, non è stato osservato uno schema chiaro in merito a cambiamenti nella gravità dei sintomi di salute mentale e negli outcome associati. “I nostri risultati contrastanti e talvolta sorprendenti potrebbero essere compresi in relazione alle grandi variazioni nelle esperienze delle persone che vivono con patologie psichiatriche, con gli effetti della pandemia che variano a seconda delle patologie, della misura in cui le persone sono state in grado di continuare a connettersi con il supporto formale e informale e le interazioni degli effetti della pandemia con l’isolamento sociale e le avversità preesistenti”. È ciò che si legge nell’articolo, in cui si fa notare come alcune persone abbiano riportato conseguenze positive, come una riconnessione con la famiglia e gli amici all’inizio della pandemia o l’assenza di alcuni fattori di stress pre-pandemici.

Allo stesso tempo, all’inizio della pandemia c’è stato tra i bambini e i giovani un peggioramento per quanto riguarda il disturbo ossessivo-compulsivo, la psicopatologia generale e il disagio mentale. Un risultato che contrasta con la riduzione dell’utilizzo dei servizi, il che suggerisce che i bisogni di salute mentale non sono soddisfatti.

 

Un panorama ancora sfocato

L’articolo descrive una serie di fattori che vanno a limitare le conclusioni. Ci sono, per esempio, pochi studi che si rifanno al periodo dal 2021 in poi; si nota inoltre la mancanza di alcuni dettagli o patologie. Per i ricercatori, lo studio può essere ripetuto su scala internazionale, comprendendo Paesi a basso e medio reddito, in modo da fornire un quadro più completo di come la pandemia abbia influenzato la salute mentale globale.

Alcuni tra gli autori sottolineano in un commento come sia necessaria cautela nel trarre conclusioni da risultati contrastanti e di scarsa certezza. “Tuttavia, questo studio è prezioso per evidenziare i complessi effetti della pandemia, le incertezze e le lacune nella conoscenza, i punti di potenziale preoccupazione e la necessità di imparare da approcci qualitativi, prospettive esperienziali e approcci di supporto tra pari, che hanno colmato molte delle lacune quando i servizi tradizionali erano più difficili da raggiungere” scrivono.