COVID-19 e diabete: attenzione puntata sui giovani
- Paolo Spriano
- Uniflash
Fin dalle prime fasi della pandemia i dati hanno dimostrato che l’infezione da SARS-CoV-2 era associata al peggioramento dei sintomi del diabete e le persone affette erano maggiormente a rischio di COVID-19 grave (1). Il diabete, nei pazienti adulti, può anche essere una conseguenza a lungo termine dell'infezione da SARS-CoV-2, ma non è ben chiaro quanto sia il rischio di esprimersi nei soggetti più giovani (2).
Scenari clinici
Dai dati clinici è possibile osservare come la maggior parte dei pazienti COVID-19 con iperglicemia e chetoacidosi aveva un diabete preesistente e spesso scarsamente controllato (emoglobina A1c ≥ 10%/13,3 mmol) 2. Sebbene le osservazioni prevalenti erano di diabete di tipo 2, era possibile osservare casi occasionali di diabete di tipo 1, tutti in uno stato di scarso compenso metabolico. Nella pratica clinica era di comune riscontro il diabete non diagnosticato in precedenza e derivabile dai livelli di emoglobina A1c (3). Nel contesto dei ricoveri per COVID-19 escludere un diabete preesistente è un esercizio complesso. Se infatti si considerano i casi di polmonite acquisita in comunità è possibile notare l’associazione con iperglicemia nei pazienti non diabetici, così come il dato può anche essere un segnale precursore di diabete, in particolare nelle persone anziane. Sicuramente l'iperglicemia di per sé non è esclusiva di COVID-19, ma la prevalenza di chetoacidosi tra i pazienti con COVID-19 e diabete ha posto la questione se il virus può colpire direttamente le cellule beta del pancreas (4). Sul tema non c’è un orientamento univoco nella lettura dei dati, come la mancanza di una chiara associazione della chetoacidosi diabetica con gli indici di flogosi e, nel caso in cui il virus fosse la causa della perdita permanente della funzione delle cellule beta, le scarse indicazioni su un incremento del trattamento con insulina nella chetoacidosi diabetica post-COVID (4). Altro aspetto da considerare è come un'iperglicemia indotta dallo stress associato all'infezione sia generalmente transitoria. Mentre, nei pazienti predisposti allo sviluppo di diabete, è ipotizzabile una relazione causale tra malattia virale intercorrente e danno funzionale permanente (5). Se COVID-19 dovesse causare la perdita di cellule beta in pazienti predisposti all’autoimmunità si dovrebbe assistere a un incremento di incidenza di diabete di tipo 1 (6), ma analisi di confronto con dati pre-pandemici hanno interpretato il dato, non come conseguenza dell'infezione da SARS-CoV-2, ma come esito dei ritardi nella diagnosi dovuti ai cambiamenti di comportamenti e accessibilità all'assistenza sanitaria dei pazienti (7).
COVID-19 e diagnosi di diabete
I dati forniti dal Center for Disease Control and Prevention (CDC) sul rischio di diabete di nuova diagnosi chiarisce diversi aspetti del problema, in particolare per i pazienti di età < 18 anni con diagnosi di COVID-19 (8). Nel periodo dal 1 marzo 2020 al 26 febbraio 2021, è stata confrontata l’incidenza di diabete in soggetti di età <18 anni con l’incidenza in pazienti, stratificati per sesso ed età, che non avevano una diagnosi di COVID-19 durante la pandemia e che, in fase prepandemica, avevano una diagnosi di malattia respiratoria acuta (ARI) non COVID-19. Le coorti retrospettive sono state costruite utilizzando i database IQVIA e HealthVerity (rispettivamente di 80.893 e 439.439 pazienti con COVID-19, età media di 12,3 e 12,7 anni).
Il numero % di casi codificati, per coorti di pazienti nei due database, è stato:
- Diabete e COVID-19 - 0,08% (IQVIA) e 0,25% (HealthVerity)
- Diabete senza COVID-19 - 0,03% (IQVIA) e 0,19% (HealthVerity)
- Chetoacidosi diabetica (nei pazienti con Diabete e COVID-19) - nel 48,5% (IQVIA) e nel 40,2% (HealthVerity )
- Chetoacidosi diabetica (nei pazienti con Diabete senza COVID-19) - IQVIA: non-COVID 13,6%; ARI 22,0%; non-ARI 27,5%; HealthVerity: 29,7%
Incidenza di casi di diabete:
- 316 x 100.000 persone/anno (gruppo COVID-19 in pandemia)
- 118 x 100.000 persone/anno (gruppo non-COVID-19 in pandemia)
- 126 x 100.000 persone/anno (gruppo ARI pre-pandemico)
- 125 x 100.000 persone/anno (gruppo non ARI pre-pandemico)
Quindi le nuove diagnosi di diabete avevano il 166% (IQVIA) e il 31% (HealthVerity) di probabilità in più di verificarsi tra i pazienti con COVID-19 rispetto a quelli senza COVID-19 durante la pandemia e il 116% in più di probabilità che si verificassero tra i casi con COVID-19 rispetto a quelli con ARI nel periodo prepandemico. L'infezione respiratoria senza esposizione a SARS-CoV-2 non era associata al diabete.
Diabete e COVID-19 - “occhio” ai sintomi
Tutti i risultati sono coerenti con le ricerche precedenti che dimostrano un'associazione tra l'infezione da SARS-CoV-2 e il diabete negli adulti. Diverse le ipotesi a supporto dell’associazione che potrebbe essere attribuita agli effetti dell'infezione da SARS-CoV-2 sui sistemi di organi coinvolti nel rischio di diabete. Il COVID-19 potrebbe portare al diabete attraverso l'attacco diretto delle cellule pancreatiche che esprimono i recettori dell'enzima 2 di conversione dell'angiotensina, attraverso l'iperglicemia da stress da tempesta di citochine e le alterazioni del metabolismo glucidico causate dall'infezione, o attraverso l’evoluzione da una condizione di prediabete a diabete (9). Il trattamento con steroidi durante il ricovero potrebbe portare a un'iperglicemia transitoria; tuttavia, solo l'1,5%-2,2% dei codici del diabete erano per il diabete indotto da farmaci o sostanze chimiche. Quasi la metà dei giovani di età < a 18 anni, con COVID-19 e nuova diagnosi di diabete, aveva DKA al momento della diagnosi. Un dato nettamente superiore a quello dei gruppi di confronto e superiore alle precedenti segnalazioni di DKA (28%) tra i casi di diabete di tipo 1 incidente prima della pandemia (10)
Pertanto CDC raccomanda lo screening dei sintomi di diabete (8) nei pazienti di età < 18 anni con una storia di infezione da SARS-CoV-2 con verifica della presenza di:
- minzione frequente,
- aumento della sete,
- aumento della fame,
- perdita di peso,
- stanchezza o affaticamento,
- mal di stomaco e nausea o vomito
In sintesi, l'infezione da SARS-CoV-2 potrebbe portare al diabete di tipo 1 o di tipo 2 attraverso meccanismi diversi e complessi. I rischi e le conseguenze a lungo termine associati a COVID-19, nei giovani di età < a 18 anni, orientano nei mesi successivi a un'infezione da SARS-CoV-2 al monitoraggio per la nuova insorgenza di diabete. Tutto questo va inserito in una strategia di prevenzione del COVID-19 per tutti i gruppi di età, compresa la vaccinazione per tutti i bambini e gli adolescenti idonei, associata a prevenzione e trattamento delle malattie croniche.
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