COVID-19: aggiornamento della settimana 7-2

  • Roberta Villa — Agenzia Zoe
  • Notizie dalla letteratura
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  • La flessione della curva di incidenza non deve far credere che l’epidemia sia rientrata, con un’incidenza media che passa da 1.823 a 1.362 nuovi casi per 100.000 abitanti a livello nazionale, ma resta elevata. Hanno cominciato a scendere anche i dati relativi alle fasce di età con maggior numero di nuovi casi, quelle dei bambini 0-9 anni e dei ragazzi 10-19. Cala a 0,93 il valore di Rt sui casi sintomatici. Scende al 16% il tasso di occupazione delle terapie intensive, mentre quello in area medica è stabile intorno al 30% a livello nazionale, valori che non permettono ancora al sistema sanitario di tornare a una normale organizzazione del lavoro. (Ministero della salute).

 

  • Alla luce della nuova situazione epidemiologica, entra da oggi in vigore il decreto del 4 febbraio che tra le altre cose semplifica le norme relative alle quarantene scolastiche e prolunga a tempo indeterminato la durata del green pass per i vaccinati con booster. Rallenta molto il ritmo delle vaccinazioni, con un numero di somministrazioni che non era così basso da fine novembre e non aumenta nemmeno in età pediatrica, dove tra i 5 e gli 11 anni è vaccinato meno di un bambino su cinque e meno del 35% ha ricevuto almeno una dose (Ministero della salute).

 

  • Uno studio proveniente da Israele conferma in senso protettivo un dato emerso anche dalla situazione degli ospedali pediatrici italiani, dove c’era una maggior probabilità di ricovero per bambini piccoli figli di genitori non vaccinati. Lo studio appena pubblicato su Science ora conferma la protezione che i genitori vaccinati possono dare ai loro figli: l’infezione di un genitore completamente vaccinato si associava a una riduzione del rischio di contagiare uno o più bambini conviventi suscettibili di oltre il 72%% mentre circolava la variante alfa e di quasi l’80% quando era ormai prevalente delta, da un genitore che aveva già ricevuto il richiamo (Hayek).

 

  • L’importanza di questa terza dose è ormai confermata da molti studi. L’ultimo, pubblicato su Lancet, viene dalla Svezia, dove l’efficacia contro l’infezione del ciclo iniziale, pur continuando a proteggere dalla forma grave, tendeva a calare e svanire dopo 4 mesi con differenze significative tra i diversi vaccini: il risultato migliore viene da Moderna, che scende al 59% di efficacia dopo 6 mesi dalla seconda dose, mentre Pfizer arriva al 47% tra 4 e 6 mesi per poi scendere al 23% dopo 7 mesi, mentre il regime eterologo di Astrazeneca più un vaccino a mRNA conserva alla stessa epoca il 66% di efficacia (Nordström).  

 

  • Tra le novità dei prossimi giorni, la rimozione dal 10 febbraio dell’obbligo di mascherina all’aperto. Sull’utilità di questo dispositivo negli ambienti chiusi i CDC di Atlanta hanno appena pubblicato un nuovo studio, in cui hanno verificato su quasi 2.000 abitanti della California quale fosse l’impatto dell’abitudine a portare sempre il dispositivo negli ambienti chiusi. Sono così giunti alla conclusione che, rispetto a chi non usava mai mascherine, l’uso dell’FFP2 riduceva di oltre l’80% e l’uso della chirurgica del 66% il rischio di un test positivo. Anche per la maschera in tessuto si registrava un certo vantaggio, ma il dato non è statisticamente significativo (Andrejko).

 

  • Si aggiungono intanto  segnali dei possibili effetti a distanza dell’infezione da covid-19. Sono stati analizzati i fascicoli sanitari elettronici di oltre 338.000 giovani sotto i vent’anni e di quasi, 1,8 milioni di persone sopra questa soglia di età, tutti testati per SARS-CoV-2 nella primavera 2020, di cui erano disponibili informazioni cliniche per il periodo successivo. Tra i soggetti ospedalizzati con test positivo è risultato più frequente nei mesi successivi il nuovo riscontro di fiato corto, aritmie cardiache aspecifiche e diabete, mentre la fatigue è comparsa più frequentemente nei positivi solo dopo i vent’anni di età (Hernandez-Romieu)