COVID-19: aggiornamento della settimana 3-1

  • Roberta Villa — Agenzia Zoe
  • Notizie dalla letteratura
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  • Il dilagare della variante omicron nel nostro Paese si fa sentire con un’impennata a livello nazionale dell’incidenza di infezione, più che triplicata in due sole settimane da 240 casi per 100.000 abitanti tra il 6 e il 12 dicembre ai 783 per 100.000 nella settimana che va dal 20 al 26 dicembre. La crescita va di pari passo con la diffusione della variante, che nella flash survey su oltre 2.000 tamponi sequenziati pubblicata il 31 dicembre e relativa al 20 dicembre sembra ancora poco sopra il 20% rispetto a delta, ma il tempo di raddoppio della nuova variante, associato al rapido incremento dei casi registrato in larga parte del Paese, fa ritenere che la prevalenza di omicron rispetto a delta sia già largamente oltre quel dato (Ministero della Salute, ISS).
  • Cresce costantemente anche l’occupazione di letti in area medica e terapia intensiva, arrivate in media rispettivamente al 15,4% e 12,4%, con oltre 10.000 pazienti covid in ospedale, di cui un migliaio in rianimazione. La soglia critica è stata superata in ben 14 Regioni e Province autonome, per cui, a partire da oggi, si aggiungono alle altre già in zona gialla anche Lazio, Lombardia,  Piemonte  e  Sicilia. Con l’obbligo di mascherina all’aperto già esteso a tutto il territorio nazionale, il provvedimento non cambia nulla per vaccinati e guariti, mentre chi è privo di “green pass rafforzato”, pari oggi a circa il 10% della popolazione sopra i 12 anni, non potrà entrare in bar e ristoranti, cinema e teatri (Ministero della salute).
  • È continuata intanto, anche nei giorni festivi, la campagna vaccinale, che ha portato quasi l’86% della popolazione sopra i 12 anni ad aver completato il ciclo vaccinale mentre quasi 20 milioni di italiani, pari a oltre il 63% di chi ne ha diritto, hanno già ricevuto la dose addizionale o booster. Per questi (oltre che per chi è vaccinato o guarito da meno di 120 giorni), purché asintomatici, viene abolita la quarantena dopo contatto stretto con una persona positiva: è infatti stata introdotta l’autosorveglianza, che impone solo per 10 giorni la mascherina ffp2 e un eventuale tampone solo in caso comparissero sintomi (Ministero della salute).
  • L’elevatissima circolazione della variante omicron, che ha portato a superare non solo in Italia, ma in molti altri Paesi del mondo, i precedenti valori massimi di incidenza giornaliera non stanno per ora provocando un sovraccarico dei servizi paragonabile a quello delle ondate precedenti, e ancora si discute quanto ciò dipenda dal fatto che la variante infetta senza difficoltà anche vaccinati e guariti, che pur contagiandosi sviluppano forme asintomatiche o meno gravi, e quanto invece sia da ricondurre alle diverse caratteristiche del virus mutato.
  • Diverse ricerche preliminari in vitro o su modelli animali sembrano attribuire la minor virulenza di omicron a una sua maggiore affinità per le vie aeree superiori che per i polmoni, anche sulla base di diverse interazioni molecolari tra omicron e il recettore ACE rispetto a delta. Di questi lavori fa un ottimo resoconto Enrico Bucci sul suo blog “Cattivi scienziati”, a cui rimando.
  • La facilità con cui omicron contagia anche persone vaccinate o guarite è spiegata dalla sua capacità in vitro di eludere la concentrazione di anticorpi neutralizzanti presenti nel plasma di persone che hanno superato una precedente infezione o hanno ricevuto due dosi di vaccino a mRNA di Pfizer, mentre la protezione sembra tornare ai livelli delle varianti precedenti dopo tre dosi o quando i guariti hanno ricevuto due dosi di vaccino. Gli stessi risultati, emersi già in precedenza, sono stati confermati da un altro lavoro pubblicato su Nature e data la loro validazione e riproduzione su diversi fronti sono alla base delle misure adottate dal nostro e da altri governi, che distinguono come più protetto da omicron chi ha ricevuto anche il booster (Schmidt et al., Carreño et al.).
  • Il dato clinico ed epidemiologico conferma la maggiore  tendenza di omicron a dare nuove infezioni in persone giovani e vaccinate, con minore tasso di ricoveri e decessi. Esperti di diverse istituzioni sudafricane hanno presentato sul New England Journal of Medicine un’analisi che ha messo a confronto la situazione nel periodo precedente e successivo all’isolamento della variante: il tasso di positività dei test è passato dal 6,4% al 24,4%, quello dei ricoveri nei positivi ai tamponi molecolari è invece sceso dal 10,8% al 2,2%, anche per la più giovane età delle persone infettate, confermata nella lettera di un altro gruppo a JAMA. L’efficacia della vaccinazione con due dosi di Pfizer rispetto all’ospedalizzazione, che quando era prevalente la variante delta era del 93%, nei confronti di omicron scende al 70% (Collie et al, Maslo et al).
  • I dati provenienti dal Regno Unito  nel rapporto periodico della UK Health Security Agency confermano un ridotto rischio di ricovero con omicron rispetto a delta, e nei soggetti vaccinati con tre dosi rispetto a chi non ne ha ricevuta nessuna. In particolare il rischio di dover ricorrere al pronto soccorso o all’ospedale è ridotto del 50% circa rispetto a delta e dell’80% nei vaccinati con tre dosi rispetto ai non vaccinati. La protezione anticorpale data dal richiamo purtroppo cala però dopo 10 settimane, sebbene sia ancora da chiarire se l’efficacia si perda anche nei confronti dei ricoveri (UKHSA).
  • Per quanto riguarda le cure, l’antivirale remdesivir, primo farmaco ad essere approvato nel 2020 dall’FDA, ma che poi si era rivelato poco utile nei pazienti ospedalizzati, ha dato risultati molto più promettenti in quelli in fase più precoce, per cui è appena stato autorizzato anche da AIFA. Resta però, come per gli anticorpi monoclonali, la difficoltà logistica di trattare con infusioni endovenose migliaia di soggetti a rischio. Per questo è molto promettente il risultato ottenuto su primati non umani in cui è stata verificata l’efficacia di una formulazione spray del prodotto nel ridurre il carico virale (Gottlieb et al, Vermillion et al).
  • Non hanno problemi di somministrazione invece molnupiravir e paxlovid, gli altri due antivirali appena autorizzati in Italia, che tra poco si potranno cominciare a somministrare per bocca a soggetti a rischio con malattia lieve, in fase precoce. Nella scelta di utilizzare il primo bisognerà però tener conto della sua scarsa efficacia, scesa dal 50 al 30% rispetto ai risultati preliminari e dei rischi alla possibile attività mutagena del prodotto. Le precauzioni riguardo a paxlovid - i cui risultati dei trial clinici, messi a disposizione delle agenzie regolatorie, non sono ancora stati pubblicati su riviste peer-reviewed - riguardano invece la presenza nella formulazione di ritonavir, un prodotto noto per aumentare i livelli ematici degli inibitori delle proteasi. Un gruppo di medici inglesi mette in guardia dai gravi rischi legati alle interazioni di questi prodotti con un grande numero di farmaci di uso comune proprio nei pazienti a cui sarà più spesso indicato, dalle statine agli anticoagulanti (AIFA, Bernal et al., Kozlov M, Heskin et al).