- La pandemia continua a restare sotto controllo in tutto il Paese, sebbene alcuni focolai confermino la presenza della variante delta sul territorio nazionale. L’incidenza è stabilmente inferiore alla soglia di 50 nuovi casi settimanali per 100.000 abitanti e il valore di Rt resta ovunque inferiore a 1. Anche l’occupazione dei letti ospedalieri e di terapia intensiva non desta al momento preoccupazione: sono scesi a poco più di 1.700 i pazienti ricoverati in ospedale con sintomi, di cui meno di 300 in terapia intensiva, dove ieri solo in 5 regioni è stato registrato qualche sporadico ricovero. Da oggi quindi è in zona bianca tutta Italia, compresa la Valle d’Aosta, che attualmente ha un solo paziente covid ricoverato in ospedale. In tutto, invece, i soggetti attualmente positivi identificati al momento in Italia, tra ricoverati e isolati al domicilio, sono poco più di 57.000 (Ministero della Salute).
- Per la seconda settimana consecutiva rallenta il ritmo delle vaccinazioni, che dal 7 al 13 giugno aveva sfiorato i 4 milioni di somministrazioni. La settimana scorsa si è effettuato quasi mezzo milione di iniezioni in meno, che però porta il totale vicino ai 50 milioni di dosi totali. A questa cifra corrispondono oltre 17 milioni e 600.000 di cittadini che hanno completato il ciclo vaccinale, pari quasi a uno su tre della popolazione target, di età cioè superiore a 12 anni.
- Se oltre gli 80 anni restano circa 600.000 persone che non hanno ancora ricevuto entrambe le dosi, questo numero aumenta in maniera preoccupante nelle fasce di età inferiori, ma ancora ad alto rischio di complicazioni da covid-19 in caso di infezione: sono ancora parzialmente esposti quasi tre milioni di settantenni, e un milione non ha ricevuto nemmeno la prima dose; tra i sessantenni, meno della metà ha completato il ciclo vaccinale, con oltre due milioni di non vaccinati. Nelle fasce di età inferiori le percentuali di copertura, soprattutto con entrambe le dosi (o vaccino monodose) scendono, mostrando un Paese ancora parzialmente esposto alle conseguenze di una nuova eventuale ondata provocata dalla variante delta (Ministero della salute).
- A questo proposito, l’Istituto superiore di sanità ha comunicato i risultati parziali del monitoraggio sulla prevalenza delle varianti in Italia: tre quarti dei casi sono ancora provocati dalla variante alfa (prima denominata “inglese”) mentre la delta, che a maggio era intorno al 4%, sfiora al 21 di giugno il 17% dei campioni esaminati. Per un quadro più attendibile e aggiornato si attende l’esito della flash survey eseguita martedì scorso in tutto il Paese (ISS).
- Il Regno Unito sta vedendo salire molto rapidamente i nuovi casi, tornati ormai ai livelli di ottobre. A questi però si accompagnano curve relative a ricoveri e decessi molto più basse, grazie alla vaccinazione a tappeto delle persone più fragili. A questo proposito non deve trarre in inganno il fatto che il numero assoluto dei decessi tra i vaccinati possa eguagliare o perfino superare quello dei non vaccinati. Dal momento che il vaccino non è efficace al 100% esisterà sempre una quota di suscettibili e poiché ormai gran parte della popolazione è vaccinata, questa minima percentuale potrà raggiungere o essere addirittura maggiore in valore assoluto quella dei non vaccinati, che pure hanno a livello individuale un rischio molto superiore (PHE).
Alla luce di quel che sta accadendo nel Regno Unito, e della copertura vaccinale per ora inferiore nel nostro Paese, nonostante l’attuale bassa circolazione del virus che consente da oggi anche di togliere le mascherine all’aperto, occorre tuttavia mantenere una certa attenzione e cercare di evitare gli assembramenti, compresi quelli legati alle ricorrenze domestiche. Uno studio pubblicato su JAMA ha esaminato il rischio di trasmissione in quasi 3 milioni di famiglie americane, osservando che quelle in cui si era festeggiato un compleanno nelle due settimane precedenti avevano oltre 8 volte più diagnosi di Covid-19 di quelle in cui non si era celebrato alcunché (Whaley 2021).
- Un ricercatore statunitense del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, Jesse Bloom, ha intanto riaperto il dibattito sull’origine di SARS-CoV-2. In un articolo per ora ancora in pre-print il virologo ha infatti dichiarato di aver rinvenuto nel cloud di Google 13 sequenze virali che erano state rimosse dagli scienziati cinesi. Il riscontro confermerebbe che il virus era già in circolazione a Wuhan prima di emergere al mercato del pesce, ma non apporta prove sull’origine naturale o sintetica del virus. A creare sospetto è il fatto che le informazioni, in un primo tempo caricate sulla piattaforma online, siano poi state eliminate, come se dalla Cina si volessero cancellare tracce di una possibile responsabilità nello scoppio della pandemia, responsabilità che a tutt’oggi restano non provate (Bloom 2021).
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