COVID-19: aggiornamento della settimana 28-3
- Roberta Villa — Agenzia Zoe
- Notizie dalla letteratura
- Sono ancora in aumento in tutta Italia la trasmissibilità di SARS-CoV-2 - con l’Rt medio calcolato sui casi sintomatici che ha superato la soglia epidemica (1,12) - e l’incidenza di covid-19 – che va da 725 a 848 per 100.000 abitanti, secondo i dati aggregati del Ministero della salute, e sale ancora, fino a 1.178 per 100.000, tra i ragazzi nella fascia 10-19 anni. Torna, seppur leggermente, a crescere, dal 13 al 13,8%, il tasso di occupazione dei posti letto in area medica, mentre rallenta il suo calo quello delle terapie intensive, dal 5,3 al 4,8% (Ministero della salute, Istituto superiore di sanità).
- Sembra aver raggiunto una situazione di stallo la campagna vaccinale italiana, ormai a un livello soddisfacente rispetto alla maggior parte dei grandi Paesi, ma con alcuni milioni di persone ancora suscettibili, compresi i bambini tra i 5 e gli 11 anni, dei quali solo uno su tre è vaccinato (Ministero della salute, Istituto superiore di sanità).
- Nella valutazione dei rischi di vaccinare i più giovani, tra i 12 e i 29 anni, uno studio condotto nel Regno Unito con i dati dell’Ufficio nazionale di statistica (ONS) ha messo a confronto il rischio di morire nei tre mesi successivi alla vaccinazione contro covid-19 o, se non vaccinati, dopo l’infezione. Nonostante i timori legati alla maggior frequenza di miocarditi nei giovani maschi dopo vaccino a mRNA, in nessuna settimana dopo la vaccinazione si è registrato alcun incremento del rischio di morte per cause cardiache o per altre ragioni, né nei maschi, né nelle femmine, in nessuna fascia di età e con nessun vaccino. Viceversa, il rischio di morte cardiaca e per tutte le cause si innalza in maniera significativa dalla baseline soprattutto nella prima settimana dopo la conferma del contagio, e resta più elevato della norma per tutto il periodi di osservazione (Nafilyan).
- Molto rassicuranti anche gli ultimi dati sulle vaccinazioni in gravidanza. Due diversi studi su larga scala, condotti rispettivamente sui registri di Ontario, Svezia e Norvegia, hanno escluso ancora una volta che il vaccino possa aumentare il rischio che il neonato abbia un basso punteggio di Apgar o debba essere ricoverato in terapia intensiva. Il lavoro canadese considera anche il rischio di dover ricorrere a cesareo, di subire un’emorragia o una corioamnionite, mentre quello scandinavo tiene conto di nascita pretermine, morte in utero, feti piccoli per età gestazionale. Per nessuno di questi esiti è stato osservato alcun segnale di allarme (Fell, Magnus).
- Sempre in gravidanza, un gruppo texano ha esaminato l’andamento delle infezioni nelle gestanti prima della comparsa di delta, durante la prevalenza di delta e infine quando aveva preso il sopravvento omicron. Rispetto al primo periodo, quelli dominati dalle varianti hanno visto un notevole aumento dell’incidenza dei casi, con una maggiore prevalenza di forme gravi o critiche con delta e una inferiore durante omicron (Adikhari).
- Preoccupano gli esiti a distanza dell’infezione. Un gruppo di ricercatori di Hong Kong ha infatti riscontrato nella banca dati dello studio UK Biobank, su oltre 400.000 ultacinquantenni, che in chi ha avuto forme gravi con ricovero c’è un aumento del rischio di malattie respiratorie, cardiovascolari, neurologiche, gastroenteriche, genitourinarie e muscoloscheletriche e di ricovero e/o mortalità per traumi con fratture, infezioni e altri sintomi non specifici. Covid-19 grave si associa anche a una mortalità per tutte le cause aumentata di quasi 15 volte rispetto a chi non si è mai infettato. Alle forme di covid-19 più lievi, che non hanno richiesto il ricovero in ospedale, si associa invece un modesto aumento del rischio di morte per qualunque causa, ma più di nove volte aumentato per disturbi neurocognitivi (Xiang).
- Sul fronte delle cure, uno studio condotto dal Dipartimento di epidemiologia della Regione Lazio mostra la grande discrepanza tra le indicazioni di AIFA e le prescrizioni di farmaci nei pazienti con covid-19 sul territorio, soprattutto con riferimento alla terapia antibiotica, in particolare azitromicina. L’uso dell’idrossiclorochina è invece rimasto abbastanza limitato alle prime fasi della pandemia, mentre la prescrizione di antitrombotici è continuata nonostante la controindicazione nei pazienti non ricoverati. Il ricorso ai corticosteroidi è aumentato dopo la raccomandazione dell’agenzia di utilizzarli nei pazienti più gravi, anche fuori dal contesto ospedaliero (Belleudi).
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