COVID-19: aggiornamento della settimana 26-9

  • Roberta Villa — Agenzia Zoe
  • Notizie dalla letteratura
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  • Per la prima volta dopo diverse settimane ricomincia a salire l’incidenza, che nei dati più recenti aggregati dal Ministero della Salute passa da 197 casi per 100.000 abitanti della settimana precedente ai 214 casi per 100.000 abitanti nel periodo tra il 16 e il 22 settembre. Resta stabile a 0,91 l’indice di trasmissibilità Rt medio calcolato sui casi sintomatici, mentre continuano a scendere i tassi di occupazione dei letti ospedalieri in area medica, dal 6,1 al 5,5%, e in terapia intensiva, dall’1,8 all’1,6% (Ministero della salute).
  • Nei giorni scorsi, dopo l’autorizzazione da parte di AIFA del vaccino bivalente con la componente omicron originale più BA.4/BA.5, poco dopo quello con BA.1, il Ministero della salute ha pubblicato una nota congiunta con Consiglio superiore di sanità, Istituto superiore di sanità e AIFA, per precisare che non esistono dati sufficienti a consigliare l’uno o l’altro dei due prodotti. Le raccomandazioni già comunicate per questo si estendono quindi anche alla formulazione con BA.4-5, senza alcuna distinzione. In più, la circolare precisa che anche i soggetti al di fuori delle categorie di rischio, che abbiano compiuto almeno 12 anni di età e abbiano già ricevuto la prima dose di richiamo da almeno 120 giorni, possono farne richiesta come seconda dose di richiamo.
  • Uno studio pubblicato su Science Translational Medicine suggerisce una possibile spiegazione al maggior rischio di evoluzione grave di covid-19 nelle persone obese: i ricercatori hanno infatti osservato la capacità di SARS-CoV-2 di infettare le cellule adipose mature e di agire su un particolare tipo di macrofagi localizzati nello stesso tessuto adiposo per scatenare un risposta infiammatoria che può peggiorare l’andamento della malattia (Martínez-Colón).
  • Tra i fattori di rischio ci sono anche condizioni genetiche che possono spiegare in parte l’estrema variabilità delle manifestazioni di covid-19, una malattia che può essere completamente asintomatica o addirittura letale. L’ultima segnalazione in questo senso viene da un lavoro preclinico che ha trovato spazio su Nature, secondo cui nei topi portatori della variante patologica del gene APOE - la APOE4 legata alla demenza di Alzheimer -, l’infezione si mostrerebbe più aggressiva. Il dato è stato confermato poi sui dati retrospettivi di 13.000 pazienti, i cui campioni biologici sono conservati nella UK Biobank britannica (Ostendorf).
  • Dall’analisi dei dati raccolti sulla popolazione britannica si sono identificati anche altri fattori di rischio per le persone vaccinate con due dosi o già sottoposte al richiamo entro febbraio 2022. Aver ricevuto il vaccino di Astrazeneca nel ciclo primario si associava a un maggior rischio di infezione rispetto a chi aveva ricevuto Pfizer, anche dopo un richiamo con Moderna (rispetto a che aveva avuto tre dosi di Pfizer). Hanno rischiato meno l’infezione i più anziani (probabilmente più protetti), mentre si sono contagiati di più i soggetti con un più basso livello di istruzione e che frequentavano almeno tre volte la settimana un luogo pubblico al chiuso (Vivaldi).
  • Dopo che i CDC statunitensi hanno riscontrato un significativo aumento dei casi di diabete in seguito a covid-19 in età pediatrica, un’analisi ristretta al diabete di tipo 1 su un milione di bambini contagiati da SARS-CoV-2 o da altri virus ha confermato un significativo incremento del rischio specifico di diabete di tipo 1 dopo covid-19 rispetto ad altre infezioni (Kendall).
  • Sempre in merito ai possibili danni permanenti della malattia anche nell’infanzia, uno studio radiologico ha esaminato con RM a basso campo i polmoni di 54 bambini e adolescenti, dei quali uno solo era vaccinato al tempo dell’infezione, 25 dei quali con sintomi di long covid. Confrontandoli con 9 controlli sani, si sono osservate anomalie funzionali permanenti, sebbene nessuno dei ragazzi esaminati fosse stato ricoverato a causa dell’infezione (Heiss).
  • Per quanto riguarda il rischio di ospedalizzazione, non si è osservata una variazione del rischio col susseguirsi delle varianti in bambini e adolescenti non vaccinati in Norvegia. L’emergere di omicron, invece, si è associato a una riduzione del rischio di MIS-C (Whittaker).