COVID-19: aggiornamento della settimana 25-1

  • Roberta Villa — Agenzia Zoe
  • Notizie dalla letteratura
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  • Secondo il report della Cabina di regia relativo al periodo 11-17 gennaio l’incidenza settimanale dell’infezione in Italia sarebbe in lieve diminuzione, sebbene dal 15 gennaio rientrino nella definizione di caso confermato di Covid-19 anche i soggetti con un solo test rapido positivo. Questa stessa modifica ai criteri di calcolo potrebbe tuttavia aumentare la quota dei falsi negativi. Anche l’indice Rt medio a livello nazionale, calcolato sui casi sintomatici) è sceso sotto 1 (0,97, IC 0,85-1,11). Il livello di circolazione del virus resta in ogni caso largamente al di sopra della soglia di sovraccarico dei sistemi sanitari e del valore che consente tracciamento e isolamento dei casi identificati. (Ministero della salute). 
  • Ha fatto discutere il caso della Lombardia, in cui si è scoperto che da mesi un errore nella compilazione delle schede inviate dalla regione al ministero determinava un maggior numero di infetti rispetto al reale, influendo di conseguenza sulla severità delle restrizioni. Chiarito l’equivoco, è risultato evidente che la scorsa settimana non c’erano reali ragioni di istituire in Lombardia l’area rossa, ed è stata quindi firmata una delibera per riportarla da domenica a un regime da area arancione. L’altro solo cambiamento di regime, questa settimana,  riguarda la Sardegna, spostata da area gialla ad arancione (Ministero della salute).
  • Continuano a calare i ricoverati con sintomi, che al 24/1/2021 sono 21.309 e quelli in terapia intensiva (2.400), così come positivi in isolamento domiciliare, scesi a 475.569 (dati Ministero della Salute). È sceso a 8 anche il numero di regioni/province autonome che ha superato la soglia del 30% di occupazione dei letti di terapia intensiva, considerata segno di sovraccarico del sistema. Nessuna, a oggi, raggiunge il 50% (Infodata Il sole 24 ore).
  • La campagna di vaccinazione, in Italia come nel resto di Europa, risente dei ritardi dovuti alle difficoltà delle aziende a rispondere all’enorme richiesta proveniente da tutto il mondo. Pfizer, in particolare, ha ridotto significativamente le consegne previste per le prossime settimane, sostenendo che i contratti stipulati dai diversi Paesi si basavano non sul numero di confezioni, ma di dosi di vaccino: dal momento che le agenzie regolatorie hanno autorizzato a estrarre sei dosi invece che cinque da ogni flaconcino, le forniture sono state ricalcolate in questo modo (EMA, AIFA).
  • A oggi, in Italia, sono state somministrate più di 1.370.000 dosi, ma possono essere effettivamente considerate “vaccinate”, per aver completato il ciclo di due dosi, meno di 100.000 persone (Ministero della salute).
  • Pfizer, intanto, ha annunciato di aver devoluto 40 milioni di dosi al consorzio Covax che punta a facilitare l’accesso ai vaccini anche ai Paesi a basso e medio reddito che non potrebbero permetterseli.
  • La British Medical Association ha espresso preoccupazione per la decisione britannica di ritardare di 12 settimane la seconda dose, così da poter garantire una pur minor protezione al maggior numero di persone prima di completare il ciclo in coloro che hanno ricevuto le prime dosi, molti dei quali sono appunto operatori sanitari.
  • L’AIFA nei giorni scorsi ha precisato che la seconda dose non è tuttavia necessaria per coloro che si positivizzano al tampone dopo aver ricevuto la prima: in questo caso si ritiene che l’infezione, seppure lieve, possa fare da richiamo, completando l’immunizzazione (AIFA).
  • Sul fronte delle nuove varianti isolate in Inghilterra, Sud Africa e Brasile, le notizie purtroppo non sono buone: il premier britannico Boris Johnson ha infatti dichiarato che la B1.1.7, che sta prendendo piede nel suo paese, non sarebbe solo del 50% circa più contagiosa della variante finora prevalente in Europa, ma anche del 30% più letale. Il risultato è emerso dall’analisi di 4 diverse studi condotti da grossi centri di ricerca del Regno Unito, effettuata dal NERVTAG (New and Emerging Respiratory Virus Threats Advisory Group), gruppo di esperti consulenti del governo britannico.
  • Sono stati pubblicati poi nuovi dati sull’uso terapeutico degli anticorpi monoclonali sviluppati da Eli Lilly nei pazienti ambulatoriali con covid-19 lieve o moderata. La ricerca, condotta in una cinquantina di centri statunitensi, ha coinvolto circa 600 pazienti, randomizzati a ricevere un’infusione contenente rispettivamente tre diversi dosaggi di bamlanivimab in monoterapia (700 mg, 2.800 mg o 7.000 mg), oppure il dosaggio intermedio in associazione a 2.800 mg di etesemivab. L’endpoint primario era la riduzione del carico virale dopo 11 giorni, ottenuta in misura statisticamente significativa rispetto al placebo solo nel gruppo che aveva ricevuto i due farmaci in associazione. Non si è però registrata nessuna differenza rispetto al tempo necessario per ottenere la completa clearance dell’infezione, con due tamponi negativi consecutivi. Anche gli eventuali vantaggi clinici richiedono ulteriori approfondimenti (Gottlieb 2021).
  • La vaccinazione con i nuovi prodotti a mRNA continua però a rivelarsi particolarmente sicura, anche nei confronti di sempre possibili reazioni anafilattiche. Le autorità statunitensi hanno reso noti i dettagli dei 21 casi descritti negli Stati Uniti su quasi 1.900.000 persone che hanno ricevuto la prima dose del vaccino di Pfizer/BioNtech. Tutte assistite in pronto soccorso, ne sono state ricoverate 4, di cui 3 in terapia intensiva. Nessuno di questi eventi è risultato letale (Shimabukuro, 2021).