COVID-19: aggiornamento della settimana 21-3

  • Roberta Villa — Agenzia Zoe
  • Notizie dalla letteratura
L'accesso ai contenuti di questo sito è riservato agli operatori del settore sanitario italiano L'accesso ai contenuti di questo sito è riservato agli operatori del settore sanitario italiano
  • Continua la ripresa della pandemia, con un significativo aumento in Italia rispetto alla scorsa settimana dell’incidenza media, che passa da 510 a 725 per 100.000 abitanti. L’Rt medio calcolato sui casi sintomatici sfiora ormai il valore di 1, superando la soglia epidemica al margine superiore del range (0,94, range 0,83 – 1,24) (Ministero della salute, Istituto superiore di sanità).
  • Non si interrompe invece per ora il calo del numero di pazienti covid ricoverati in terapia intensiva, una novantina in meno rispetto alla scorsa settimana, e in area medica, dove calano di circa 300 unità. I tassi di occupazione passano così rispettivamente dal 6,2 al 5,3% e dal 13,5 al 13% (Ministero della salute, Istituto superiore di sanità).
  • L’ultima indagine rapida di sequenziamento condotta dall’Istituto superiore di sanità su circa 2.000 tamponi positivi ha confermato che la variante omicron è responsabile ormai nel nostro Paese della quasi totalità dei casi: più in particolare, al 7 marzo, giorno dei prelievi considerati, quasi la metà era già da attribuire alla sottovariante BA.2, più contagiosa, che potrebbe aver contribuito al rialzo dei casi di queste ultime settimane in Italia come in molti altri Paesi europei, e non solo. BA.2 è stata trovata ormai in tutte le regioni tranne la Valle d’Aosta, dove tuttavia sono stati esaminati solo 3 campioni. Alla stessa data BA.2 aveva già superato BA.1 in sette Regioni, con un picco di quasi l’80% dei campioni in Liguria e del 75% nella provincia di Bolzano. Seguono Umbria e Lombardia, con la sottovariante in oltre il 60% dei campioni (Istituto superiore di sanità).
  • La differenza tra le due sottovarianti è quindi oggetto di particolare attenzione da parte della letteratura scientifica in questi giorni. Una lettera al New England suggerisce, in base a dati di laboratorio, che la nuova recrudescenza della pandemia associata in molti Paesi alla diffusione di BA.2 non sarebbe dovuta a una sua maggiore capacità di immunoevasione, ma solo alla sua ulteriore aumentata contagiosità rispetto alla prima variante omicron. Entrambe le due sottovarianti richiedono infatti i titoli anticorpali ottenuti con il booster per essere neutralizzate e tra le due si osserva una buona cross-reattività (Yu)
  • Uno studio ancora in preprint, ma talmente affidabile da essere citato da Nature, è stato condotto in Qatar, dove è stata messa a confronto la durata della protezione conferita dai vaccini a mRNA nei confronti di BA.1 e BA.2. In base ai dati raccolti sulla popolazione dell’emirato, si riconferma la capacità di omicron di evadere la protezione offerta dai vaccini rispetto al virus iniziale su cui i vaccini stessi erano stati prodotti, senza differenze significative tra le due sottovarianti. Preoccupante in entrambi i casi è che l’efficacia nei confronti dell’infezione sintomatica sia intorno al 50% nei primi tre mesi dopo la seconda dose, per poi scendere rapidamente a livelli trascurabili. Dopo il booster l’efficacia risale al 60% per circa un mese, ma poi torna a calare. Resta più elevata la protezione nei confronti di ricovero e morte, intorno al 70% dopo la seconda dose e oltre il 90% dopo il richiamo, sempre senza differenze significative tra le varianti (Chemaitelly).
  • Un grande studio di coorte, nel Regno Unito, ha invece dimostrato che la maggior capacità di omicron di evadere la protezione fornita dal vaccino è parzialmente compensata da una sua minore virulenza intrinseca. I risultati confermano infatti che con omicron torna quasi a dimezzarsi il rischio di accesso in pronto soccorso che era aumentato con delta, cala del 60% il rischio di ricovero e del 70% il rischio di morte: il vantaggio riguarda però soprattutto gli anziani, ma non i bambini sotto i 10 anni. Un dato importante per le strategie da seguire in questa fase è che un’infezione pregressa non riduce ulteriormente il rischio di ricovero, già dimezzato grazie al vaccino, mentre può offrire lo stesso grado di protezione nei non vaccinati. Il booster offre una significativa protezione contro il ricovero per omicron, indipendentemente dal vaccino usato nel ciclo iniziale (Nyberg).
  • Contrastanti sono i risultati sull’efficacia di una quarta dose nel limitare il calo di protezione che segue anche il booster. Uno studio israeliano su quasi 300 operatori sanitari che hanno ricevuto il vaccino di Pfizer o Moderna a distanza di 4 mesi dalla terza ha mostrato che questo ulteriore richiamo riesce sì a far risalire gli anticorpi che nel frattempo erano scesi, ma ciò non è bastato a ridurre in maniera importante il rischio di contagiarsi: la protezione con Pfizer rispetto ai controlli era del 30% e con Moderna addirittura inferiore. Anche se la maggior parte dei partecipanti (per lo più giovani adulti) ha avuto forme asintomatiche o lievi, la loro carica virale, e quindi la presunta capacità di contagiare altri era elevata. Anche nei confronti della comparsa dei sintomi, la protezione è risultata deludente, con entrambi i vaccini, rispettivamente al 43 e al 31% (Regev-Yochay).
  • Ai primi di febbraio era però stato pubblicato in preprint uno studio condotto su oltre 1,1 milioni di ultrasessantenni, che sempre in Israele hanno già ricevuto un secondo booster: dopo 12 giorni il rischio di un tampone positivo era dimezzato rispetto a chi aveva avuto solo tre dosi o a chi aveva fatto da meno di una settimana la quarta e il tasso di malattia grave si sarebbe ridotto di 4 volte (Bar-On).
  • Sulla base di questi dati Pfizer ha chiesto a FDA l’autorizzazione alla quarta dose per le persone oltr ei 60 anni, mentre Moderna ha lasciato la richiesta senza limiti di età (FDA).