COVID-19: aggiornamento della settimana 19-9

  • Roberta Villa — Agenzia Zoe
  • Notizie dalla letteratura
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  • Il progressivo calo dell’incidenza delle scorse settimane continua, ma pare avvicinarsi a un plateau, con 186 casi per 100.000 abitanti tra il 9 e il 15 settembre, contro i 197 della settimana precedente. È infatti stabile a 0,92 l’indice di trasmissibilità Rt medio calcolato sui casi sintomatici, che comunque si mantiene sotto la soglia epidemica. Continuano a calare leggermente anche i tassi di occupazione dei letti ospedalieri in area medica (dal 7 al 6,1%) e in terapia intensiva (dal 2 all’1,8%) (Ministero della salute).
  • L’Istituto superiore di sanità ha pubblicato la stima sulla prevalenza delle varianti in Italia aggiornata all’indagine flash del 6 settembre. Sul totale di 1.042 campioni esaminati, tutti ormai caratterizzati dalla variante omicron, le due sottovarianti simili tra loro BA.4 (4,41%) e soprattutto BA.5 (94,41%) rappresentano ormai la quasi totalità dei SARS-CoV-2 circolanti nel nostro Paese (Istituto superiore di sanità).
  • Uno studio pubblicato su Cell ha dimostrato che queste varianti omicron 4 e 5 infettano le cellule polmonari, formano sincizi e nei criceti provocano sintomi peggiori della variante omicron 2 che ha provocato l’ondata di primavera (Kimura).
  • Tra i sottolignaggi sotto osservazione da parte degli esperti come possibili candidati a prendere il sopravvento su omicron 5, l’Istituto superiore di sanità italiano ha inoltre individuato, sul migliaio di campioni esaminati, 3 sequenze riconducibili a BA.2.75 (la cosiddetta variante “centaurus”) e 2 sequenze riconducibili a BA.2.75.1, mentre tra i 44 casi provocati da BA.4, prevalgono quelli dati dalla sottovariante BA.4.6 (Istituto superiore di sanità).
  • Secondo i dati di laboratorio raccolti da un gruppo tedesco, anche la sottovariante BA.2.75 “centaurus”, come omicron 4 e 5, ha una maggiore capacità di infettare le vie aree inferiori e provocare sincizi rispetto a omicron 2, Come omicron 4 e 5, è poco controllata dall’immunità indotta da infezioni precedenti a omicron 1 e con due sole dosi di vaccino, mentre la protezione è notevolmente aumentata dalla terza dose e da altre infezioni con omicron. Dal punto di vista della terapia, la “centaurus” sembra essere neutralizzata in vitro solo dagli anticorpi monoclonali bebtelovimab e dal cocktail cilgavimab–tixagevimab (Arora).
  • Sempre a proposito di anticorpi monoclonali, un comitato dell’Organizzazione mondiale della sanità che sul BMJ tiene aggiornate le raccomandazioni terapeutiche, alla luce delle attuali condizioni epidemiologiche si è espressa contro l’uso di sotrovimab e del cocktail casirivimab-imdevimab, oltre a specificare meglio che remdesivir può essere utile nei pazienti con covid grave, ma non in fase critica (WHO Guideline Development Group).
  • Forse grazie alla diffusione delle vaccinazioni e delle terapie, i dati di laboratorio che depongono per una maggiore gravità di omicron 4 e 5 sono attenuati dai risultati sul campo: secondo l’ultimo rapporto tecnico sulle varianti della Health Security Agency del Regno Unito non risultano differenze nel tasso di ospedalizzazione provocato da omicron 4 e 5 rispetto a omicron 2. Meno significativa l’analisi dei CDC che dimostra un calo della mortalità tra i pazienti ricoverati per covid nella primavera 2022 rispetto a quelli arrivati in ospedale all’epoca di delta e all’inizio di omicron: nei mesi considerati, infatti, negli Stati uniti le nuove varianti omicron 4 e 5 non avevano ancora preso piede, mentre la popolazione era molto più vaccinata o immune dalle ondate precedenti (UKHSA, CDC).
  • Uno studio condotto in Sudafrica, dove le varianti omicron 4 e 5 sono state individuate per la prima volta, conferma comunque che la vaccinazione è efficace anche nei loro confronti contro la malattia grave, ma, poiché la protezione nei confronti dei ricoveri tende a ridursi dopo 4 mesi dall’ultima dose, potrebbero essere necessari richiami periodici (Collie).
  • I dati di immunogenicità del vaccino bivalente di Moderna contro omicron 1, pubblicati sul New England Journal of Medicine, mostrano comunque una risposta migliore rispetto alla reazione indotta dal booster col vaccino originale, mentre altri dati di laboratorio in preprint sembrano suggerire che questi prodotti mirati a omicron 1 funzionino altrettanto bene anche verso le sottovarianti 4/5 (Chalkias, Scheaffer).