Computer e telefoni: come usarli dopo trauma cranico commotivo?
- Paolo Spriano
- Uniflash
Nei bambini e adolescenti che subiscono un trauma commotivo cerebrale spesso i medici raccomandano di limitare o evitare l'uso di computer, televisori, telefoni e altri dispositivi con schermi. Un consiglio per lo più basato sull’opinione di esperti e a volte nel contesto di una raccomandazione più generale rispetto ad riposo cognitivo più o meno “assoluto” dopo un lieve trauma cranico (mTBI) (1). Quanto questo orientamento possa rappresentare l’approccio migliore per la gestione clinica di questi casi non è ben chiaro, ma nuove evidenze stimolano una riflessione sul tema.
Lieve trauma cranico in età pediatrica: rischio e sintomi post-concussivi
Un mTBI deriva da un impatto alla testa o al corpo che induce il cervello a subire forze di accelerazione e decelerazione traslazionali, rotazionali o angolari. L’onda di energia conseguente passa attraverso il tessuto cerebrale, danneggiandolo e innescando una disfunzione neuronale che coinvolge a cascata eventi ionici, metabolici e fisiologici (2). I bambini possono essere particolarmente a rischio di mTBI per una serie di fattori fisiologici associati al rischio di lesioni cerebrali che includono: un sistema nervoso in via di sviluppo, ossa craniche più sottili, mancanza di muscolatura adeguata ad assorbire le forze trasmesse e una maggiore suscettibilità ai cambiamenti chimici e metabolici che si verificano nell’encefalo. (2)
La sindrome post-concussiva persistente (PPCS) è un’entità sotto-diagnosticata nella popolazione pediatrica e il 25% dei bambini ricoverati in PS a causa di un lieve trauma cranico (mTBI) può soffrire di PPCS (3).
I dati di revisione e metanalisi sulla PPCS hanno evidenziato sintomi post-concussivi che possono avere una prevalenza ancor più elevata (35,1%) in soggetti più grandi e nelle femmine rispetto a pazienti più piccoli e maschi (4).
Le linee guida e uso degli schermi
Le linee guida di pratica clinica sulla gestione rispetto all’uso di dispositivi con schermi nei bambini che hanno subito un mTBI sono eterogenee: alcune raccomandano di evitarli per 1 o 2 giorni prima di riprenderne gradualmente l'uso rispetto alla tolleranza individuale (5), altre orientano ad una ripresa graduale del tempo davanti allo schermo nel contesto di una strategia di ritorno alle consuete attività scolastiche e sportive (6) e altre ancora considerano la restrizione del tempo davanti allo schermo un aspetto da considerare in un più ampio contesto di promozione del “riposo cognitivo” (7).
Uso di uno schermo e tempo di recupero dopo mTBI
Ad oggi non è chiaro se ridurre il tempo davanti ad uno schermo sia un facilitatore del recupero dopo una commozione cerebrale, o semplicemente sia un determinante il maggior benessere del paziente, indipendente dall’evento e non è nota la sua relazione con i sintomi post-commotivi nei mesi successivi all’evento traumatico (8).
In uno studio che ha indagato gli effetti “a breve termine” è stato evidenziato che il tempo davanti allo schermo entro le prime 48 ore poteva contribuire ad una temporanea esacerbazione dei sintomi. I risultati hanno mostrato un tempo medio di recupero dopo mTBI era più lungo (8,0 giorni) rispetto al gruppo che si era astenuto nelle prime 48 ore da qualsiasi utilizzo di apparecchi con schermo (3,5 giorni), ma non è stato valutato l’impatto “a lungo termine” (9).
Trauma commotivo e tempi d’uso di uno schermo: quale relazione?
Uno studio recente ha esplorato, in 633 bambini e adolescenti con commozione cerebrale acuta e 334 giovani con lesioni ortopediche (LO) di età compresa tra 8 e 16 anni, i diversi aspetti del tempo davanti allo schermo nei primi 7-10 giorni dopo l'infortunio e l’associazione con i sintomi post-concussione nei 6 mesi successivi. (10)
I comportamenti pre e post-infortunio sono stati valutati con l’Healthy Lifestyle Behaviors Questionnaire (HLBQ) e comprendevano: attività fisica e riposo, attività cognitiva e riposo, dieta, sonno e tempo davanti allo schermo (11).
Il risultato più rilevante è stato l'associazione non lineare tra il tempo davanti allo schermo e la gravità dei sintomi. Infatti, nei pazienti osservati, il tempo maggiore davanti allo schermo non era costantemente associato ad un aumento dei sintomi post-commotivi. Il tempo di visualizzazione basso e alto sono stati entrambi associati a sintomi relativamente più gravi nel gruppo con commozione cerebrale rispetto al gruppo LO durante i primi 30 giorni dopo l’evento traumatico, ma non in un tempo successivo ai 30 giorni. Nel tempo i sintomi cognitivi e somatici pre-lesione hanno avuto un effetto maggiore sulla gravità dei sintomi rispetto al tempo davanti allo schermo. In particolare l’età adolescenziale e il sesso femminile sono stati associati a sintomi più gravi post-commozione, così come avere un numero di episodi brevi di sonno in fase post-acuta e, prima dell'infortunio, meno sonno e passare più tempo davanti allo schermo.
Evidenze e pratica clinica
Neanche negli adolescenti sani il tempo trascorso davanti allo schermo e il benessere sono in relazione lineare (12). Nei bambini e nei giovani il tempo davanti allo schermo viene spesso utilizzato per interagire con amici e familiari o per altre attività, tra cui i compiti scolastici. Pertanto nei giovani pazienti con mTBI impedire l'accesso ai social e interrompere la routine separandoli dai dispositivi mobili (p. es. mandare SMS, rispondere alle telefonate) può favorire lo stato d’ansia e il peggioramento dei sintomi post-concussivi. Nell'era digitale, troppo poco tempo davanti allo schermo può limitare le connessioni sociali significative o interrompere le routine, mentre troppo può interrompere il sonno o interferire con l'impegno in altre attività importanti, come i momenti ricreativi.
La lezione che si può trarre è in favore del principio di moderazione del tempo davanti allo schermo, una raccomandazione utile per la gestione dei sintomi post-commotivi dopo un mTBI (10), così come viene comunemente impiegato per il ritorno all’attività fisica nella PPCS. (13),
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