Come curare la depressione dell'anziano resistente al trattamento
- Elena Riboldi
- Uniflash
Una quota consistente dei pazienti affetti da depressione maggiore non risponde al trattamento iniziale. Si pongono allora due alternative: cambiare farmaco o aggiungere un altro farmaco a quello in uso. Al medico va l’onere di scegliere questo farmaco. I risultati di uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine possono risultare utili alla decisione quando il paziente è anziano. La valutazione in questo caso deve tenere massimo conto non solo dell’efficacia, ma anche degli effetti collaterali, come il rischio di cadute.
Come è stato condotto lo studio
Lo studio OPTIMUM ha arruolato 742 soggetti di 60 o più anni con depressione resistente al trattamento. Nello step 1, i partecipanti sono stati randomizzati (1:1:1) per continuare a ricevere l’antidepressivo in uso più aripiprazolo (gruppo aripiprazolo), l’antidepressivo in uso più bupropione (gruppo bupropione) o per passare al bupropione (gruppo switch).
Nello step 2, i pazienti che non hanno avuto benefici sono stati randomizzati (1:1) per ricevere l’antidepressivo in uso più il litio o passare alla nortriptilina. Ogni step è durato circa 10 settimane. I pazienti non eligibili per lo step 1 sono passati direttamente allo step 2. L’esito primario era il miglioramento del benessere psicologico accertato con il National Institutes of Health Toolbox (NIH Toolbox).
Aripiprazolo vs bupropione
Nello step 1 (n=619), il punteggio relativo al benessere psicologico è migliorato di 4,83 punti nel gruppo aripiprazolo, 4,33 punti nel gruppo bupropione e 2,04 punti nel gruppo switch. La differenza tra il punteggio del gruppo aripiprazolo e il gruppo switch era statisticamente significativa, mentre non lo era quella tra il gruppo aripiprazolo e il gruppo bupropione o quella tra il gruppo bupropione e il gruppo switch. La remissione della depressione, esito secondario dello studio, ha interessato il 28,9%, il 28,2% e il 19,3% rispettivamente del gruppo aripiprazolo, bupropione o switch.
Il tasso di cadute era 0,33 per paziente nel gruppo aripiprazolo, 0,55 nel gruppo bupropione e 0,38 nel gruppo switch. Il tasso di eventi avversi era nei tre gruppi rispettivamente 0,07, 0,08 e 0,12; non vi erano differenze significative nell’incidenza degli eventi avversi gravi.
Nello step 2 (n=248), il punteggio relativo al benessere psicologico è migliorato di 3,17 punti nel gruppo che ha ricevuto litio e 2,18 nel gruppo passato alla notriptilina. Le percentuali di remissione erano, rispettivamente, 18,9% e 21.5%. I tassi di cadute erano simili.
I fattori da considerare
“Questi risultati suggeriscono che, nella popolazione studiata, l’aggiunta di aripiprazolo possa essere complessivamente una migliore strategia antidepressiva rispetto all’aggiunta di bupropione o al passaggio a bupropione” concludono gli autori dello studio.
Ciò che può spingere a preferire l’aripiprazolo al bupropione è il minor rischio di cadute. “La differenza tra i gruppi sperimentali di questo trial nel tasso di cadute è clinicamente rilevante, date le diffuse preoccupazioni su questo problema” sottolineano in un editoriale Gemma e Glyn Lewis, psichiatri dello University College di Londra, rimarcando che in una popolazione ad alto rischio di cadute come quella in studio anche una piccola differenza nell’incidenza diventa importante. Gli autori dell’editoriale ricordano che, d’altra parte, i pazienti che assumono antipsicotici come l’aripiprazolo rischiano di guadagnare peso, un evento associato alla sindrome metabolica, al diabete e alle malattie cardiovascolari.
“Nella pratica clinica sarà importante personalizzare il trattamento alla luce di possibili eventi avversi e delle preferenze del paziente. Per esempio, l’acatisia è un effetto collaterale comune dell’aripiprazolo ed è stata riportata dall’11% dei partecipanti che l’hanno ricevuta in questo studio; i pazienti potrebbero trovarla disturbante”.
È anche vero che la risposta individuale agli antidepressivi è difficilmente prevedibile. Va però fatto tutto il possibile per aiutare gli anziani a vincere la depressione, evitando di considerarla, come mettono in guardia gli psicologi inglesi “una parte normale o inevitabile dell’invecchiamento”.
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