CIPOMO - Italia unita, ma non nell’accesso alle cure

  • Daniela Ovadia — Agenzia Zoe
  • Conference Reports
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Un tema antico quello dell’unità d’Italia nella sanità, ma ancora molto attuale se si è deciso di parlarne al 22° Congresso nazionale CIPOMO (Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri), tenutosi a Torino dal 10 al 12 maggio. “Parlando di accesso alle cure spesso si pensa solo alla terapia e alla disponibilità di farmaci, ma in realtà il concetto è molto più ampio e include aspetti strutturali, processi e procedure e infine le professionalità mediche coinvolte. Se riusciamo a completare questi tre passaggi possiamo raggiungere il 100 per cento nella qualità delle cure” esordisce Carmelo Iacono dell’ASP di Caltanissetta, moderatore della tavola rotonda assieme a Roberto Labianca dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

 

Luci e ombre sull’unità

Il sistema sanitario italiano vanta una delle migliori performance in Europa e l’Italia è tra i pochi paesi con sistema sanitario universalistico che considera la salute un diritto imprescindibile di ogni cittadino. Eppure se si guarda più attentamente è possibile notare diseguaglianze nell’accesso alle cure non rilevabili in nessuna altra nazione e spesso legate al territorio e non al reddito. “L’organizzazione attuale ha permesso di raggiungere, almeno in apparenza, una maggiore unità rispetto al passato” spiega Valeria Tozzi, della SDA Bocconi School of Management che ha dimostrato, dati Istat alla mano, come alcuni parametri sanitari si siano modificati nel corso degli anni verso una maggiore uniformità nazionale. Per esempio i posti letto in dotazione per 1.000 abitanti nel 1960 erano il doppio al Nord rispetto al Sud, mentre oggi sono uguali. Stesso discorso per i tassi di sopravvivenza per molti tumori come dimostrato anche da Emmanuele Pavolini, sociologo ed economista dell’Università di Macerata che parla però di “due Italie + 1”. “Se si guarda la fotografia attuale si nota come il divario tra Nord e Sud sia ancora enorme in termini per esempio di accesso allo screening mammografico o di sopravvivenza” dice e poi aggiunge: “E per la prima volta in 40 anni il Centro si sta avvicinando sempre più al Sud quando si parla di qualità”.  

 

Cosa manca oggi

Seppur con differenze più o meno marcate, tutti gli esperti sono concordi nel sostenere che uno dei maggiori problemi alla base della diseguaglianza di accesso alle cure in Italia è rappresentato dalla mancanza di fondi. Il 9 per cento del PIL è dedicato alla sanità e lo stato spende poco per i suoi cittadini: nel 2015 la spesa media pro capite è stata del 31 per cento più bassa rispetto a quella degli altri paesi UE-15. “È fondamentale rivedere i criteri di assegnazione di tali fondi poiché quelli attuali non fanno altro che sostenere e aumentare il divario Nord-Sud” afferma Giovanni Ianniello, presente all’incontro in rappresentanza di FNOMCeO.

Secondo Antonio Saitta della Commissione salute Regioni, nonostante le ristrettezze c’è ancora spazio per migliorare, per esempio tagliando sugli sprechi e ottimizzando i processi organizzativi, ma ancora non basta. “È fondamentale dare continuità al Patto per la salute nel quale si sottolinea che l’organizzazione è regionale ma all’interno di uno schema nazionale” spiega. “Nell’approccio aziendale alla sanità si tiene conto del fatto che la salute non ha prezzo, ma ha un costo e i sistemi universalistici non possono chiudere gli occhi di fronte a questo aspetto” conclude Tozzi, ricordando che la società e la medicina stanno cambiando ed è importante essere oggi uniti negli obiettivi, che possono essere raggiunti anche con modelli ad hoc, disegnati sulle singole realtà.