Ceinge Napoli, nuove prospettive terapeutiche per la Sma
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Milano, 22 feb. (Adnkronos Salute) - Nuove prospettive terapeutiche per i bambini con atrofia muscolare spinale (Sma). Studiando il liquido cerebrospinale dei piccoli colpiti dalla forma più grave della malattia, un gruppo di ricercatori napoletani ha scoperto che "esiste una correlazione tra i livelli di neuroinfiammazione e severità della Sma". Per questo, "associare l'utilizzo di agenti antinfiammatori mirati alla terapia farmacologica con" il medicinale anti-Sma "nusinersen potrebbe migliorare i benefici clinici del trattamento". I risultati - pubblicati su 'Communications Medicine' (gruppo Nature) - sono stati ottenuti al Ceinge-Biotecnologie avanzate 'Franco Salvatore', in collaborazione con la Columbia University di New York e le università campane Luigi Vanvitelli e Federico II, insieme agli ospedali pediatrici Bambino Gesù di Roma e Giannina Gaslini di Genova.
"Mentre è oggi dimostrato in modo inequivocabile che la neuroinfiammazione gioca un ruolo determinante per la progressione delle malattie neurodegenerative della terza età come il Parkinson e l'Alzheimer - spiega Alessandro Usiello, professore di Biochimica clinica e Biologia molecolare clinica dell'Università degli Studi della Campania 'Luigi Vanvitelli', direttore del Laboratorio di Neuroscienze traslazionali del Ceinge e ideatore della ricerca - fino ad oggi nella Sma non vi erano evidenze sperimentali che indicassero se la degenerazione precoce dei motoneuroni determinasse o si accompagnasse ad uno stato neuroinfiammatorio. Sebbene altre ricerche cliniche di questo tipo sono assolutamente necessarie - precisa il docente - i nostri risultati rivelano per la prima volta l'esistenza di una condizione di neuroinfiammazione specificamente presente nel liquido cerebrospinale dei bambini affetti dalla forma più grave della malattia (Sma1), ma non nelle forme meno gravi (Sma2 e Sma3) e che veniva solo parzialmente attenuata dalla terapia con nusinersen".
"In particolare - dettaglia Francesco Errico, associato di Biochimica dell'Università Federico II-Dipartimento di Agraria e co-direttore del Laboratorio di Neuroscienze traslazionali del Ceinge - abbiamo riscontrato un aumento significativo dei livelli di diverse citochine pro-infiammatorie (IL-6, IFN-γ, TNF-α, IL-2, IL-17) e di fattori neurotrofici (PDGF-BB e VEGF) nel liquor dei pazienti Sma1, quando comparato a quello dei pazienti Sma2 e Sma3, che presentano livelli di queste molecole comparabili a bambini sani". Inoltre "abbiamo scoperto che il trattamento con nusinersen riduce significativamente i livelli liquorali solo di alcune citochine pro-infiammatorie nei pazienti Sma1 - aggiunge Tommaso Nuzzo, primo autore del lavoro, ricercatore di biochimica clinica dell'Università Vanvitelli, post doc presso il Laboratorio di Neuroscienze traslazionali del Ceinge - Ciò ci suggerisce che l'utilizzo di agenti antinfiammatori mirati potrebbe contribuire a migliorare i benefici clinici del farmaco stesso e, eventualmente, di altri trattamenti in grado di favorire l'aumento di Smn (Survival Motor Neuron)", la proteina codificata dal gene mutato nei malati Sma.
La Sma - ricordano dal Ceinge - è una patologia neuromuscolare rara contraddistinta dalla morte precoce dei motoneuroni, le cellule che trasportano i segnali dal sistema nervoso centrale ai muscoli, controllandone la struttura, la forza e il movimento. La malattia causa quindi atrofia muscolare progressiva e debolezza, che colpiscono in modo preponderante gli arti inferiori e i muscoli respiratori. Nel 95% dei casi la Sma è causata da specifiche mutazioni nel gene Smn1, che codifica per la proteina Smn, essenziale per la sopravvivenza e il normale funzionamento dei motoneuroni.
"Nonostante gli straordinari progressi della medicina e miglioramenti clinici ottenuti nei pazienti grazie alle nuove terapie, è ormai ampiamente accettato che non esiste ancora una vera e propria cura per la malattia", afferma Usiello. Ecco perché, evidenzia, "l'identificazione di specifiche alterazioni biochimiche e molecolari che correlino con la gravità della malattia nei bambini malati di Sma e riflettano accuratamente il miglioramento clinico o l'assenza di miglioramento da parte delle terapie attuali è fondamentale, non solo per spiegare le differenze nella risposta clinica, ma anche per guidare lo sviluppo futuro di nuovi farmaci".
La ricerca - si legge in una nota - si è svolta in collaborazione con uno dei massimi esperti al mondo di Sma, Livio Pellizzoni, capo laboratorio presso il Motoneuron Center della Columbia University, con Angela Chambery, professore ordinario di Biochimica generale all'Università Vanvitelli, e con i neurologi e pediatri Enrico Bertini, Adele D'Amico e Claudio Bruno del Bambino Gesù e del Gaslini, massimi esperti italiani di Sma.
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