Bastano 6 mesi di regime orale per curare la tubercolosi

  • Elena Riboldi
  • Notizie dalla letteratura
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  • Il regime BPaLM (bedaquilina, pretomanide, linezolide, moxifloxacina) della durata di 24 settimane non è inferiore al trattamento standard di 9-20 mesi per il trattamento della tubercolosi resistente alla rifampicina.

Uno studio finanziato da Medici senza Frontiere dimostra che il regime BPaLM (bedaquilina, pretomanide, linezolide, moxifloxacina) non è inferiore al trattamento standard per la tubercolosi resistente alla rifampicina. I dati pubblicati sul New England Journal of Medicine mostrano che 89% dei pazienti trattati con il regime BPaLM ha esiti favorevoli. I vantaggi del regime proposto sono numerosi: i farmaci sono somministrati esclusivamente per via orale, il trattamento ha una durata più breve (6 mesi invece di 9-20 mesi) e il profilo di sicurezza è migliore. Tutto questo potrebbe migliorare l’aderenza al trattamento, un grosso problema nella gestione della tubercolosi, e aumentare le probabilità di successo.

Lo studio di fase 2/3 TB-PRACTECAL ha arruolato 552 pazienti (età >15 anni) in Bielorussia, Uzbekistan e Sudafrica. I partecipanti sono stati randomizzati per ricevere le cure standard o uno di tre regimi investigazionali: BPaLM, BPaL (bedaquilina, pretomanide, linezolide) o BPaLC (bedaquilina, pretomanide, linezolide, clofazimina); l’obiettivo dello stadio 1 era identificare il regime con cui proseguire lo studio sulla base della sicurezza e dell’efficacia a 8 settimane dalla randomizzazione. Nello stadio 2, 301 pazienti sono stati trattati con le cure standard o con il regime BPaLM. L’esito primario era una condizione sfavorevole (morte, fallimento del trattamento, interruzione del trattamento, perdita al follow-up o ricaduta) a 72 settimane dalla randomizzazione.

La percentuale di pazienti con conversione batteriologica a 8 settimane era 77% con BPaLM, 67% con BPaLC e 46% con BPaL; l’8%, 6% e 10% dei pazienti negli stessi gruppi aveva interrotto il trattamento o era deceduto; per lo stadio 2 è stato quindi selezionato il regime BPaLM. Nell’analisi per intenzione al trattamento modificata, l’11% dei pazienti del gruppo BPaLM e 48% di quelli del gruppo controllo avevano una condizione sfavorevole. Nell’analisi per protocollo, le percentuali erano, rispettivamente, 4% e 12%. I risultati hanno permesso di stabilire la non inferiorità del nuovo regime rispetto al regime standard. L’incidenza di eventi avversi di grado ≥3 era 19% nel gruppo BPaLM e 59% nel gruppo controllo.

In un editoriale Andreas H. Diacon, che dirige la Task Applied Science and Task Foundation di Cape Town (Sudafrica), un’istituzione specializzata nella ricerca clinica e microbiologica sulla tubercolosi, riconosce che si tratta di un grande successo. Tuttavia, l’esperto sottolinea alcuni aspetti critici che potrebbero rendere questa conquista di breve durata. Innanzitutto, il brevetto della bedaquilina sta per scadere e l’uso incontrollato di generici di scarsa qualità potrebbe comprometterne l’efficacia. Il meccanismo d’azione di pretomanid lo rende vulnerabile alla comparsa di resistenza. Il linezolid va tenuto sotto osservazione per la possibile comparsa di tossicità. Infine, il 30% dei pazienti di certe aree ha già una tubercolosi resistente ai chinolonici. “Il regime BPaLM è una gradita stazione intermedia in un viaggio che continua – scrive – È fondamentale non perdere velocità e usare i nuovi farmaci che sono in via di sviluppo per creare terapie combinate senza sviluppare prima ogni farmaco separatamente, deviazioni che fanno perdere tempo. Ciò richiederà consorzi globali ben finanziati ed efficienti e il sostegno convinto di un fronte unito di pazienti, ricercatori, finanziatori, sviluppatori di farmaci e rappresentanti della sanità pubblica”.