Aziende dispositivi medici, con payback a rischio stent e cerotti in ospedali
- Univadis
- Adnkronos Sanità
Roma, 10 gen. (Adnkronos Salute) - Dal termometro allo stent coronarico, dal cerotto al laser. Negli ospedali italiani "potrebbero venire a mancare alcuni di questi dispositivi medici che sono anche salvavita". E' lo scenario che secondo le associazioni dei produttori dei dispositivi medici potrebbe verificarci a breve in Italia "se non ci sarà l'abolizone del paypack sanitario, un meccanismo che per decreto vuol far pagare alle aziende italiane gli sprechi e gli errori delle Regioni incapaci di fare i conti e programmare la loro sanità̀". Il grido di allarme del settore è risuonato in piazza Ss. Apostoli, a Roma, dove le associazioni che rappresentano le aziende che producono i dispositivi medici si sono date appuntamento per protestare contro il payback, la restituzione di una parte dei soldi che le Regioni hanno speso per i dispositivi, in scadenza tra pochi giorni.
A spiegare le motivazioni della protesta all'Adnkronos Salute è Massimiliano Boggetti, presidente di Confindustria dispositivi medici (Cdm), anche lui in piazza: "Ad oggi essendo il payback una legge dello Stato, tutte le aziende per chiudere i bilanci dovranno accantonare comunque nei loro bilanci le somme per il payback. Quindi la proroga va fatta per chiudere i bilanci in tempo. Le regioni - aggiungi - con le loro centrali di acquisto bandiscono le gare, la somma delle basi d'asta che rappresentano già di per se un meccanismo di salvaguardia per evitare di eccedere nella spesa deve essere il budget regionale. Se questo è inferiore alle gare bandite toccherà alle regioni trovare le risorse per fornire la salute ai cittadini. Non si può andare a mettere le mani nelle tasche delle aziende per chiedere quello che le regioni spendono e che non vogliono pagare. E' una cosa illogica e neanche in Sudamerica accadrebbe".
"Non si può mettere a serio rischio un settore che eroga salute e lasciar pagare ai cittadini le spese sanitarie di tasca propria, rinunciando all’innovazione tecnologica - sottolinea Antonella Giachetti, presidente di Aidda, l’Associazione imprenditrici e donne dirigenti d’azienda - Se le imprese chiudessero si potrebbero non riuscire a garantire le forniture di prodotti, anche salvavita, agli ospedali; la qualità delle tecnologie mediche rischierebbe di abbassarsi; i medici si troverebbero costretti a lavorare senza avere tecnologie all’avanguardia; la crisi del settore avrebbe poi impatti economici e sociali di straordinaria rilevanza per le migliaia di lavoratori coinvolti nelle varie aziende del settore. Conseguenze gravi anche per molti cittadini che - conclude - senza risorse destinate alla sanità e senza imprese che la riforniscono, non avranno accesso alle cure con un impoverimento dell’offerta e della qualità dei servizi sanitari erogati”.
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