ASH 2022 – Nuove informazioni sul microambiente del linfoma aprono possibilità per un’immunoterapia più efficace
- Univadis
- Conference Report
Conclusioni
- Le cellule non cancerose e i loro fattori solubili svolgono un ruolo importante nella resistenza all’immunoterapia.
- È possibile agire sulla composizione e sull’attività del microambiente tumorale (tumour microenvironment, TME).
La terapia a base di cellule T con recettore chimerico dell’antigene (chimeric antigen receptor, CAR) dirette contro CD19 ha rivoluzionato il trattamento dei casi più gravi e refrattari di linfoma, tuttavia oltre la metà di tutti i pazienti non ottiene benefici a lungo termine da questa terapia. Diversi studi hanno suggerito che il TME svolge un ruolo centrale nei meccanismi alla base del fallimento dell’immunoterapia. Questo argomento è stato discusso in una sessione del congresso annuale ASH 2022, dove sono stati presentati i recenti progressi nella caratterizzazione del microambiente del linfoma e la sua associazione con la resistenza alla terapia a base di cellule T CAR.
Ecotipi e cellule stromali
Il tessuto linfoide è molto ricco di diversità cellulare, con tutti i tipi di cellule in comunicazione tra loro. Il linfoma coopta il microambiente, che perde la sua architettura e viene assemblato in una nicchia che produce segnali pro-sopravvivenza e favorisce l’evasione immunitaria. I vari componenti del microambiente tumorale sembrano essere assemblati in modelli stereotipati di abbondanza relativa chiamati “ecotipi”.
Maher Gandhi, Direttore del Mater Research Institute (Brisbane, Australia), ha presentato alcuni recenti lavori che indicano che gli ecotipi sono associati agli esiti del paziente e possono essere soggetti a modulazione terapeutica. “Gli ecotipi del linfoma, cioè il modo in cui le cellule tumorali si comportano prima della terapia, hanno probabilmente un impatto sul comportamento post-immunoterapia cellulare – ha affermato – Nuove tecnologie, come il sequenziamento dell’RNA di singole cellule (single-cell RNA sequencing, sc-RNA-Seq) e la trascrittomica spaziale, applicate al TME possono aiutarci a progettare in modo razionale l’immunoterapia cellulare usando molecole di piccole dimensioni, anticorpi o la modificazione genetica”.
Le cellule più abbondanti nel microambiente stromale sono i fibroblasti associati al tumore (cancer-associated fibroblast, CAF). I CAF si evolvono assieme alle cellule del linfoma: mentre i fibroblasti possiedono attività che sopprimono il tumore (agendo come checkpoint della proliferazione del linfoma), i CAF completamente riprogrammati offrono sostegno alle cellule tumorali. Leandro Cerchietti, di Weill Cornell Medicine (New York), ha presentato i dati ottenuti dal suo gruppo, che suggeriscono che la proteina HSF1 è essenziale per mantenere il fenotipo pro-tumorale di CAF nei linfomi e che la riprogrammazione dei CAF è modificata dall’invecchiamento e dalla pressione del trattamento. “Esistono due modi per agire sullo stroma nel linfoma: ripristinare i checkpoint del microambiente oppure eliminare i CAF – ha proposto, presentando dati preclinici ottenuti utilizzando agenti ipometilanti e inibitori di FGFR1 – Probabilmente in futuro combineremo strategie terapeutiche mirate ai CAF e alle cellule del linfoma per migliorare l’immunoterapia, in particolare la terapia cellulare”.
Cellule immunitarie e citochine
Non è chiaro cosa promuova specifici ecotipi e come essi cambino introducendo le cellule T CAR o altri agenti immunomodulatori, ma specifici tipi di cellule e le loro attività sono stati implicati nella resistenza alla terapia con cellule T CAR. Frederick Locke, leader del programma di immunoterapia cellulare del Moffitt Cancer Center (Tampa, FL), ha descritto in che modo le cellule mieloidi soppressorie influenzano la resistenza alla terapia con cellule T CAR e la sua tossicità nel linfoma non Hodgkin. “L’infiammazione sistemica è associata a una riduzione dell‘efficacia della terapia con cellule T CAR nel linfoma a grandi cellule B – ha spiegato – L’infiammazione tumorale, caratterizzata dai geni della risposta all’interferone, determina un aumento dell’espressione dei ligandi del checkpoint, l’infiltrazione di cellule mieloidi soppressorie e un aumento delle cellule soppressorie di derivazione mieloide circolanti. Queste caratteristiche ostacolano l’espansione e l’efficacia delle cellule T CAR”.
Saad Kenderian, della Mayo Clinic (Rochester, MN), ha descritto ulteriormente le strategie per inibire le cellule mieloidi soppressorie. In modelli preclinici l’inibizione dell’asse GM-CSF ha migliorato l’efficacia della terapia con cellule T CAR, prevenendone la tossicità. La sperimentazione di fase 1/2 ZUMA-19 ha dimostrato la sicurezza della combinazione di cellule T CAR dirette contro CD19 con un anticorpo monoclonale anti-GM-CSF umano nel linfoma a grandi cellule B. “Abbiamo identificato IL-4 come un regolatore chiave del funzionamento delle cellule T CAR, utilizzando diversi modelli indipendenti – ha infine dichiarato – IL-4 induce uno stato di disfunzione delle cellule T CAR caratterizzato da una firma trascrizionale di esaurimento”. Questa citochina può rappresentare un altro possibile bersaglio per migliorare l’efficacia dell’immunoterapia.
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