ASCO 2023 – Tumore della cervice: l’immunoterapia in prima linea fa la differenza

  • Cristina Ferrario
  • Conference Reports
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Takeaway 

  • L’aggiunta di pembrolizumab alla chemioterapia standard in prima linea migliora notevolmente la sopravvivenza generale (OS) delle pazienti con carcinoma della cervice uterina persistente, ricorrente o metastatico.
  • I dati presentati ad ASCO 2023 confermano e rinforzano dati precedenti che hanno rivoluzionato il trattamento e la sopravvivenza di questa popolazione.

Quando utilizzato in prima linea in aggiunta alla chemioterapia standard a base di platino, l’anticorpo anti-PD-1 pembrolizumab permette di ottenere un incremento del 40% della sopravvivenza generale nelle donne con tumore della cervice in stadio avanzato rispetto al solo utilizzo della chemioterapia. 

È quanto emerge dall’analisi finale dello studio KEYNOTE-826, che verrà presentato nel corso del congresso annuale della American Society of Cancer Oncology ASCO, in programma a Chicago dal 2 al 6 giugno. 

Nello studio sono state incluse oltre 600 pazienti con tumore della cervice persistente, ricorrente o metastatico, mai trattate in precedenza con chemioterapia sistemica e non eleggibili per chirurgia o radioterapia curative. Queste pazienti sono state randomizzate a ricevere chemioterapia standard (paclitaxel + cisplatino o carboplatino) da sola oppure con l’aggiunta di pembrolizumab. La scelta di aggiungere anche bevacizumab era invece a discrezione del medico che aveva in cura la paziente. 

“I risultati dello studio confermano l’efficacia della combinazione, che offre un’opzione terapeutica per una popolazione con grandi unmet need” ha affermato Bradley J. Monk, della Creighton University School of Medicine, HonorHealth Research Institute di Phoenix, in Arizona, che presenterà i dati al meeting di Chicago. 

 

Benefici a 360 gradi

I risultati finali dello studio lasciano poco spazio al dubbio e supportano l’utilizzo della combinazione pembrolizumab + chemioterapia (più o meno bevacizumab) come standard of care in questo setting. 

Con un follow-up di 39,1 mesi, nella popolazione con un combined positive score (CPS) ≥1 è stata osservata una sopravvivenza globale (OS) di 28,6 mesi nelle donne trattate con la combinazione immuno-chemioterapia rispetto a 16,5 mesi per quelle che hanno ricevuto solo chemioterapia, con una riduzione del rischio di decesso del 40% (HR 0,60; P nominale <0,0001).

Risultati simili sono stati ottenuti anche per la popolazione con CPS ≥10 (rischio di decesso ridotto del 42%) e nell’intera popolazione (all-comer; riduzione del rischio pari a 37%).

Inoltre, l’aggiunta di immunoterapia ha fatto registrare miglioramenti significativi anche in termini di sopravvivenza libera da progressione (PFS), risposta alla terapia (ORR) e durata della risposta (DOR). 

Dal punto di vista degli effetti collaterali non sono stati registrati nuovi segnali importanti con l’estensione del follow-up e, in linea generale, il profilo di sicurezza della combinazione è risultato gestibile.  

 

La voce degli esperti

“I dati presentati quest’anno confermano e rafforzano quelli di una analisi ad interim pubblicati nel 2021 sul New England Journal of Medicine e che si sono rivelati a tutti gli effetti practice changing” spiega Nicoletta Colombo, direttore dell’Oncologia Ginecologica Medica dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano e professore associato di Ostetricia e Ginecologia presso l'Università degli Studi di Milano-Bicocca. che ha partecipato attivamente allo studio ed è primo nome dell’articolo appena citato1. “Dopo la presentazione di quei primi risultati la statunitense FDA ha approvato la combinazione ad una velocità sorprendente e a questa approvazione è seguita a ruota anche quella di EMA in Europa” aggiunge.

Attualmente il farmaco è approvato in associazione alla chemioterapia con o senza bevacizumab, per il trattamento del tumore della cervice persistente, ricorrente o metastatico nelle donne con tumore che esprime PD-L1 (CPS≥1). “La forza dell’aggiunta dell’immunoterapia è un miglioramento su tutti i parametri di sopravvivenza e di risposta, che nelle pazienti si traducono anche in un miglioramento della qualità di vita” afferma Colombo.

“Attualmente l’immunoterapico in questa indicazione non è rimborsato in Italia, ma i centri lo possono richiedere per uso compassionevole nelle pazienti con abbiano le caratteristiche per un uso in indicazione” aggiunge Sandro Pignata, direttore dell’Oncologia Clinica Sperimentale Uro-Ginecologica dell’Istituto Nazionale Tumori-IRCCS Fondazione Pascale di Napoli e coordinatore scientifico della Rete Oncologica Campana, ricordando che l’azienda Merck & Co. Inc, che ha anche finanziato lo studio, mette a disposizione il farmaco su richiesta. 

“Almeno in linea teorica questa popolazione di pazienti è destinata a sparire in futuro, grazie ai programmi di screening e di vaccinazione contro i papillomavirus umano, ma la strada verso questo obiettivo è ancora lunga e nel frattempo l’aggiunta della chemioterapia in prima linea rappresenta un grande vantaggio per queste donne” conclude Pignata che, come Colombo, ha preso parte allo studio.