ASCO 2023 –Terapia adiuvante con trastuzumab per il cancro al seno: breve è meglio?

  • Cristina Ferrario
  • Conference Reports
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Messaggi chiave 

  • I risultati a 10 anni dello studio Short-HER mostrano che sopravvivenza libera da malattia (DFS) e sopravvivenza generale (OS) sono molto simili dopo trattamento adiuvante standard (12 mesi) e breve (9 settimane) con trastuzumab in pazienti con tumore mammario HER2+ in stadio iniziale.
  • Le pazienti con 4 o più linfonodi positivi e con malattia di stadio III potrebbero beneficiare del trattamento di 12 mesi.
  • La non-inferiorità del trattamento breve non è comunque dimostrata e lo standard di cura resta fissato a 12 mesi.

Dopo 9 anni di follow-up, i risultati dello studio clinico Short-HER non sono riusciti a dimostrare la non-inferiorità di un trattamento adiuvante di durata ridotta (9 settimane) rispetto a quello standard (12 mesi) con trastuzumab nelle pazienti con tumore mammario HER2+ in stadio iniziale. A livello numerico, tuttavia, i risultati in termini di DFS e OS sono molto simili nei due gruppi e la probabilità di non-inferiorità è pari a 93,2%. 

“I risultati dello studio non cambiano l’attuale standard di cura, ma possono senza dubbio rassicurare nei casi in cui, per qualsiasi ragione, non sia possibile portare a termine la terapia di 12 mesi” ha affermato Pier Franco Conte (Ospedale S. Camillo IRCCS di Venezia, Istituto Oncologico Veneto IRCCS e Università di Padova), che ha presentato i dati aggiornamenti a 10 anni nel corso del congresso annuale 2023 della American Society of Cancer Oncology (ASCO).

 

I dati a 10 anni

Nell’edizione 2017 vennero presentati i risultati relativi al primo end-point primario dello studio, ovvero l’analisi event-driven della DFS. Al follow-up mediano di 5,2 anni non fu possibile dimostrare la non-inferiorità del trattamento breve rispetto a quello standard, ma venne evidenziata una significativa riduzione della tossicità cardiaca con il trattamento breve (HR 0,32; P<0,0001). 

Al congresso 2023 sono stati presentati i dati aggiornati a 10 anni dello studio che vede coinvolte pazienti con tumore della mammella HER2+ con linfonodi positivi oppure con malattia ad alto rischio e linfonodi negativi. “Questo aggiornamento include i dati finali di OS, quelli di DFS e OS in base allo stato linfonodale” ha spiegato Conte, precisando al momento di questa analisi erano stati riportati 248 eventi di DFS e 116 decessi. L’aggiornamento a 10 anni ha mostrato una DFS del 77% nel braccio trattato per 12 mesi e del 78% in quello di 9 settimane (HR 1,06; 0,86-1,31), con valori di OS di 89% e 88% (HR 1,15; 0,85-1,56) con 12 mesi e con 9 settimane di trattamento, rispettivamente.

Dalle analisi dei due parametri effettuata in base allo status linfonodale è emerso un vantaggio con il trattamento di 12 mesi per le donne con 4 o più linfonodi positivi, con valori di DFS pari a 63% e 53% con 12 mesi e 9 settimane di trattamento adiuvante, rispettivamente (HR 1,84; 1,24-2,75). I corrispondenti valori di OS nei due gruppi di trattamento si sono attestati su 84% e 64% (HR 1,87; 1,11-3,14). 

“Il trattamento di 9 settimane potrebbe rappresentare un’opzione efficace per donne con malattia in stadio iniziale HER2+ a rischio basso/intermedio che vivono in paesi a basso e medio reddito, senza copertura da parte del sistema sanitario nazionale” ha commentato Conte.

 

Un anno “speso bene” 

Alberto Zambelli, capo sezione della senologia oncologica del Centro Oncologico di Humanitas Research Hospital di Rozzano (Milano) e professore associato di oncologia Medica presso Humanitas University, ha commentato i risultati dello studio.  

“Gli studi che hanno portato all'approvazione del trattamento adiuvante con trastuzumab (NSABP B-31, NCCTG N9831, HERA e BCIRG 006) hanno stabilito la durata della terapia in un anno. Questa decisione, ancorché arbitraria, si è rivelata nel tempo una decisione ispirata” afferma Zambelli, che poi aggiunge: “Tuttavia valeva la pena di testare l'eventuale beneficio con esposizione più breve”. 

Ecco allora gli studi clinici PHARE, Hellenic Oncology Research Group (HORG) e PERSEPHONE che hanno confrontato 6 contro 12 mesi di trastuzumab adiuvante, mentre gli studi SOLD e Short-HER hanno confrontato la durata di 9 settimane rispetto a 12 mesi. 

Zambelli conferma che, come nella prima valutazione di Short-ER, anche nell'aggiornamento ad ASCO 2023 lo studio non ha potuto dimostrare la non-inferiorità per il trattamento più breve . “Tuttavia, il minor rischio di cardiotossicità iatrogena è un vantaggio che può essere considerato in casi selezionati” precisa l’esperto, ricordando che anche gli studi PHARE, HORG e SOLD non sono riusciti a dimostrare la non-inferiorità. “A oggi, infatti, solo uno dei cinque studi (lo studio PERSEPHONE) ha dimostrato la non-inferiorità del regime più breve. Tutti gli altri hanno mostrato una riduzione misurabile del 2%-3% del rischio assoluto di recidiva con la maggiore durata della terapia con trastuzumab” spiega. “Un anno è lungo quando si riceve un trattamento a scopo precauzionale per il cancro al seno ma per la maggior parte delle donne con tumori HER2+ sembra essere un tempo ben speso” conclude Zambelli.