Acetazolamide, un aiuto in caso di scompenso cardiaco acuto

  • Alessia De Chiara
  • Notizie dalla letteratura
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  • L’acetazolamide, in aggiunta a diuretici dell’ansa per via endovenosa, ha portato alla riduzione della congestione più pazienti con insufficienza cardiaca acuta scompensata e sovraccarico di volume rispetto al trattamento con i soli diuretici più un placebo.

L’aggiunta di acetazolamide a una terapia con diuretici dell’ansa per via endovenosa ha ridotto la congestione entro 3 giorni in pazienti con insufficienza cardiaca acuta scompensata e sovraccarico di volume. È quanto mostra lo studio ADVOR, pubblicato su New England Journal of Medicine. I pazienti trattati con il farmaco, rispetto a quelli che hanno ricevuto il placebo oltre ai diuretici, hanno mostrato maggiore diuresi e natriuresi, una degenza più breve in ospedale e una maggiore probabilità di essere dimessi senza segni residui di sovraccarico di volume. Tuttavia, non ci sono state differenze tra i gruppi in merito a un esito composito di decesso per tutte le cause e ricovero per insufficienza cardiaca.

Le linee guida raccomandano l’uso di diuretici dell’ansa per via endovenosa in questa tipologia di pazienti, molti dei quali però alla dimissione dall’ospedale presentano segni clinici residui di sovraccarico di volume. Per capire se l’aggiunta di acetazolamide possa migliorare l’efficacia della terapia con i diuretici, i ricercatori hanno incluso nello studio 519 pazienti con insufficienza cardiaca acuta scompensata con almeno un segno clinico di sovraccarico di volume (presenza di edema, versamento pleurico o ascite), livelli elevati di peptidi natriuretici (peptide natriuretico di tipo B superiore a 250 pg/mL o frammento N-terminale del pro-BNP superiore a 1.000 pg/mL) e da almeno un mese in terapia di mantenimento con diuretici dell’ansa per via orale, ricoverati in ospedali del Belgio. I partecipanti, che al momento della randomizzazione hanno sostituito i farmaci orali con diuretici per via endovenosa, sono stati assegnati a ricevere acetazolamide (500 mg una volta al giorno) o un placebo in bolo.

Il 42,2% dei pazienti del gruppo acetazolamide e il 30,5% del gruppo placebo ha raggiunto l’endpoint primario e cioè una decongestione "di successo" (RR 1,46), intesa come assenza di segni di sovraccarico di volume, entro 3 giorni dalla randomizzazione, senza indicazione per l’escalation della terapia decongestionante. L’effetto riscontrato è stato in genere coerente con quello dei sottogruppi, sebbene sia emerso un beneficio maggiore nei pazienti che ricevevano una più alta dose di mantenimento di diuretici dell’ansa.

Il periodo di ricovero è stato più breve con l’acetazolamide rispetto al placebo (8,8 contro 9,9 giorni), e più pazienti trattati con il farmaco sono stati dimessi senza congestione residua (78,8% contro 62,5%). Non c’è stata invece differenza tra i gruppi per quanto riguarda morte per qualsiasi causa o ricovero in ospedale per insufficienza cardiaca in 3 mesi di follow-up.

L’incidenza di ipokaliemia, peggioramento della funzionalità renale e ipotensione, così come di eventi avversi, è stata simile nei due gruppi.

“Gli effetti benefici della terapia con acetazolamide sono importanti poiché la congestione residua è legata a esiti avversi” commentano i ricercatori, spiegando come la maggiore decongestione è stata probabilmente correlata all’aumento precoce e prolungato di diuresi e natriuresi. “Questi risultati evidenziano l’importanza di affrontare la congestione in maniera precoce e aggressiva, e supportano l’uso della natriuresi come indicatore della risposta diuretica”.